lo zoo di Berlino parte seconda

16 marzo 2014 di: Marcella Geraci

E’ bello riaverla sul comodino venticinque anni dopo, come se fosse l’amica di una vita. Christiane F. invece non l’ho mai vista in faccia, ma il suo “zoo” ha segnato la mia adolescenza come pochi libri letti allora. Quest’anno, Vera Christiane Felscherinow, classe 1962, è tornata a raccontarci la sua “seconda vita”. E lo ha fatto in maniera sincera, con una chiarezza che rende bello un libro comunque lontano anni luce dall’impatto e dalla forza che ebbe il primo.

Era il 1979 quando “Wir Kinder vom Bahnhof Zoo” svegliò Berlino e il mondo sulla condizione giovanile che gravitava attorno all’eroina. Duro, disincantato ma poetico, il libro era un’inchiesta realizzata dalla rivista tedesca Stern e nata dalla collaborazione dei giornalisti Kai Hermann e Horst Rieck con l’allora sedicenne Christiane. Quello che ne emerse fu uno spaccato della generazione a cavallo fra i Settanta e gli Ottanta, annegata nell’eroina e vissuta sull’onda del consumismo e dello spaesamento. A rendere il libro, pubblicato in Italia nel 1981 dalla casa editrice Rizzoli, tanto popolare, il racconto delle problematiche adolescenziali, alcune proprie della droga e della congiuntura generale, altre tipiche dell’età difficile. Nello spaccato descritto da Christiane, il passaggio dalla campagna alla città si intreccia alla nuova vita della famiglia mononucleare già in crisi, all’interno di quartieri popolari troppo grandi e anonimi, in cui genitori distratti cercano di sbarcare il lunario fra alcol, incomprensioni e mancanza di lavoro. Le tragedie della droga e della prostituzione minorile si innestano così nell’attrazione di sempre dell’adolescente per il gruppo, vera e propria famiglia quando la famiglia non c’è, e nella passione per una rock star (in questo caso, David Bowie) che diventa tutto. La narrazione di un mondo compiuto ha permesso quindi al libro di diventare un classico della memorialistica per i giovani, dal successo ratificato dall’omonimo film per la regia di Uli Edel.

Oggi Christiane è cambiata e “La mia seconda vita” (Rizzoli, 2014), scritto in collaborazione con Sonia Vukovic, ne racconta i percorsi di vita dopo la notorietà e il dramma vissuto per la sottrazione della custodia di un figlio. Nonostante qualche caduta di stile, «chi non ha figli non può capire» scrive in uno dei capitoli del libro, anche la seconda fatica letteraria trascende il suo mondo personale e di gruppo, e da voce alla solitudine e alla rabbia di chiunque abbia subito una perdita irreparabile o una rinuncia per colpa delle mille, rigide, costrizioni della società.

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