sepolcri imbiancati alla messa di Francesco

30 marzo 2014 di: Silvia Romanese

Venerdì mattina, in una Roma blindata per la visita di Obama, in molte case la sveglia è suonata prima del solito. E’ l’ora in cui molte donne sono già in piedi, a preparare qualcosa in cucina, prima di andare al lavoro. E’ l’ora in cui molti pendolari escono di casa per prendere affollati treni regionali. E’ l’ora in cui si lavora sodo nei mercati generali per scaricare casse di frutta e verdura da distribuire nei mercati della città. Ma oggi la sveglia è suonata anche tra pingui pareti che trasudano privilegio ed in case in cui giunge distante ed ovattato, appena percettibile come un indistinto ronzio forse persino fastidioso, l’attività di tanta gente comune che combatte quotidianamente per una vita appena dignitosa. Oggi però non si può indugiare tra soffici lenzuola, occorre indossare alla svelta il completo scuro per gli uomini e un elegante abito per le signore e tutti via, sciamando per le strade in un insolito corteo (data l’ora) per l’appuntamento delle 7 di mattina.

C’è un uomo che li attende, lui mattiniero come ogni altro religioso abituato ad alzarsi ancor prima dell’alba per l’Ufficio mattutino, lui che celebra ogni mattina la Messa nella piccola cappella di Santa Marta. Papa Francesco ha convocato in San Pietro più di 500 parlamentari per una Messa quaresimale. Per lui è una giornata impegnativa, più tardi lo attende un colloquio con il Presidente degli Stati Uniti, ma evidentemente questa cosa gli deve stare a cuore in modo particolare.

La quaresima, questo importante tempo liturgico della Chiesa che precede la Pasqua di Risurrezione, non è tanto un periodo di mortificazioni, quanto piuttosto il momento più propizio per un’attenta e profonda riflessione di vita. Spesso abbiamo ridotto il cristianesimo ad un insieme di pratiche religiose, ma non è questo, abbiamo ridotto il cristianesimo ad un insieme di precetti morali, ma non è nemmeno questo, lo abbiamo ridotto ad un perbenismo di facciata senza accorgerci di essere soltanto dei sepolcri imbiancati.

E così, un’occasione che poteva essere vissuta solo come una pura formalità da parte dei rappresentanti politici di un Paese che si definisce ancora cattolico, si è trasformata quasi imprevedibilmente in una salutare lezione sul senso di onestà sociale. Così come accadde a Lampedusa, le parole del Papa sono dirette e colpiscono immancabilmente il bersaglio, perché a lui non manca affatto il dono del parlar chiaro, così come parlava chiaro Gesù Cristo. Perché misericordia e chiarezza non sono in antitesi, anzi quest’ultima è il fondamento stesso della verità. C’è un proverbio: «Dire pane al pane e vino al vino», chissà se è solo una casualità, ma proprio il pane ed il vino sono i simboli eucaristici. E Francesco, così come lo abbiamo conosciuto fin dal principio, ha detto delle cose talmente chiare e semplici da non poter essere equivocate:

«Gesù guarda il popolo e si commuove, perché lo vede come “pecore senza pastori”», così dice il Vangelo. E va dai poveri, va dagli ammalati, va da tutti, dalle vedove, dai lebbrosi a guarirli. E parla loro con una parola tale che provoca ammirazione nel popolo: «Ma questo parla come uno che ha autorità!», parla diversamente da questa classe dirigente che si era allontanata dal popolo. Ed era soltanto con l’interesse nelle sue cose: nel suo gruppo, nel suo partito, nelle sue lotte interne. E il popolo, là… Avevano abbandonato il gregge. E questa gente era peccatrice? Sì. Sì, tutti siamo peccatori, tutti. Tutti noi che siamo qui siamo peccatori. Ma questi erano più che peccatori: il cuore di questa gente, di questo gruppetto, con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. E’ tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti.

Questi hanno sbagliato strada. Hanno fatto resistenza alla salvezza di amore del Signore e così sono scivolati dalla fede, da una teologia di fede a una teologia del dovere: «Dovete fare questo, questo, questo…». E Gesù dice loro quell’aggettivo tanto brutto: «Ipocriti! Tanti pesi opprimenti legate sulle spalle del popolo. E voi? Nemmeno con un dito li toccate! Ipocriti!». Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini.

1 commento su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    Avranno udito? Oppure ognuno credeva che il Papa stesse parlando del vicino?

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement