“Grazie, saremo sempre cittadini di Macondo”dal Corriere della Sera del 19\4\2014

19 aprile 2014 di: Francesco Piccolo

“…Nessuno ricorda la trama, o l’intreccio dei personaggi. Si ricordano le code di maialino, la fucilazione, un castagno; si ricorda come muoiono i personaggi ancora più di come hanno vissuto. Ma soprattutto – è quello che sta accedendo in queste ore, con le parole che rimbalzano tra i social e i giornali e le tv e i caffè affollati – si ricorda di aver tenuto tra le mani quel libro, di averlo cominciato ed esserci caduto dentro. Si ricorda quando e dove si è letta la parola Macondo e il fatto che un romanzo cominci con le parole “Molti anni dopo…”. E poi un ammasso di strane immagini apparse nella testa, di bambini e adulti, di gemelli e di vecchie che non muoiono più. Si ricorda più di ogni altra cosa una sensazione sfocata e precisissima: un sentimnto di appartenenenza al genere umano… corrisponde alla Creazione. Quasi con esattezza. Questo è il segreto di Cent’anni di solitudine: un uomo, un giorno, decide di creare una città dal nulla, quindi crea un complesso di relazioni che il tempo moltiplica e complica. E sfogliando le pagine sembra di scorrere la nascita e il dolore di tutto il genere umano. Non è usuale, in un romanzo. Tutti i lettori che oggi ricordano il momento in cui hanno cominciato il Grande Libro, quando lo hanno chiuso sull’ultima frase : ” le stirpi condannate a cent’anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra”, hanno chiuso gli occhi e hanno sentito con precisione di appartenere al mondo. “

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