L’Europa, per favore …
Il solo fatto che gli abitanti di 28 paesi europei (tanti sono i componenti dell’Unione europea) , voteranno quasi contemporaneamente (dal 22 al 25 maggio) per scegliere i 750 componenti del loro Parlamento, nonché il Presidente – uomo o donna – della futura Commissione Europea, dovrebbe emozionare tutte e tutti. Ma non è così. L’Europa è argomento che non affascina. Al contrario: si parla di Europa con diffidenza , e talvolta con fastidio.
La crisi ci ha incattivito. Le ristrettezze dell’oggi e l’incertezza del domani spingono molti a cercare un “capro espiatorio”, per attribuire ad esso l’origine dei nostri mali. E molti lo hanno individuato proprio nell’Europa; alcuni addirittura nella Germania o nella Francia, riesumando, dai sotterranei del secolo passato, maleodoranti tracce di un antico nazionalismo “straccione” .
Chissà se riusciremo le prossime settimane a recuperare una visione più complessiva e serena delle cose.
Dalla fine del secolo scorso, e più ancora con l’inizio del 2000, la globalizzazione (dei rapporti di forza tra gli stati, dell’economia, delle culture) si è affermata come un dato che non si tratta più di giudicare o demonizzare, ma di cui prendere atto e cui far fronte, perché essa è la cornice del nostro futuro. Il mondo è uno: lo è sempre stato, ma per millenni non lo abbiamo saputo. Confini territoriali, distinzioni di lingua e religione, distanze di oceani, montagne e deserti, facevano vivere ogni pezzetto di mondo per conto proprio. Da molto tempo non è più così. Tutti i confini che dividevano il mondo sono saltati, nel bene e nel male, nelle piccole e nelle grandi cose. Negli Stati Uniti spopola la catena di pizzerie napoletane, gli emirati arabi salveranno (forse!) l’Alitalia, mentre un giovane siciliano è stato tra i protagonisti dell’ultima impresa spaziale, plurinazionale. Muoversi in questo mondo senza confini come singola nazione (o addirittura come singola regione, secondo i desideri della Lega) - significa essere fagocitati e diventare “satelliti” di questa o quella grande potenza. Al contrario: se l’Europa (che oggi conta una popolazione di 503 milioni di abitanti) crede in se stessa, si rafforza nel rapporto democratico con i cittadini, affina gli organismi dirigenti, si afferma come soggetto politico fermamente in difesa della pace e dei diritti umani, può diventare una protagonista positiva dell’economia, della cultura, del futuro del mondo.
Cerchiamo, dunque, di riflettere sull’Europa: su come è e su come potrebbe essere. Individuiamo i partiti, le donne, gli uomini che a nostro parere possono meglio rafforzarla e trasformarla. E il 25 maggio non disertiamo le urne, nascondendoci dentro un pigro e provinciale disinteresse. Secondo le riflessioni e le libere scelte di ciascuna e ciascuno, partecipiamo ad un voto di consapevolezza e di speranza.