rapporto sul clima, diamoci una mossa

17 maggio 2014 di: Leontine Regine

Risale a poco tempo fa, quasi in concomitanza con la Giornata dedicata alla Terra il 24 aprile, l’allarme lanciato dall’Onu dopo la pubblicazione del terzo rapporto della Commissione intergovernativa sul cambiamento climatico (Ipcc- Intergovermental Pannel on Climate Change). La Commissione è composta da seicento scienziati di 120 paesi che hanno messo a confronto oltre 10 mila fonti scientifiche e nel loro rapporto hanno rilevato lo stato di continuo aumento delle emissioni serra (un miliardo di tonnellate in più all’anno) che condurrà fatalmente all’aumento di 5 gradi della temperatura del pianeta a fine secolo.

La data di non ritorno è indicata dagli scienziati nel 2030. Se entro quella data non avremo ridotto le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, la temperatura del pianeta crescerà con effetti disastrosi: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei livelli marini con conseguente cancellazione di intere regioni, cibo insufficiente per l’umanità, scomparsa di foreste, estinzione di piante e di specie animali.

Gli scienziati indicano anche le direzioni da intraprendere per evitare la catastrofe climatica e cioè “triplicare e quasi quadruplicare la percentuale di energia ottenuta dalle rinnovabili, migliore efficienza energetica e riciclo dei materiali”. Non si tratta di una profezia dai contorni incerti e catastrofici, stiamo parlando di un rapporto scientifico che ci informa che non c’è tempo da perdere. Non possiamo permetterci di mettere da parte l’argomento come già noto e periodicamente diffuso, ogni giorno è utile e necessario per riflettere e per fare. Prima di tutto per prendere coscienza della gravità della situazione e poi visto che ancora il destino della Terra e delle generazioni future, dei nostri figli e nipoti, non è ancora ineluttabile, cominciare a capire come agire per contribuire a questa inversione necessaria.

Prendere coscienza, vuol dire essere profondamente consapevoli del pericolo incombente e reagire anche se i benefici si vedranno nel futuro. Le cause di questa crisi, continuare a bruciare petrolio e carbone e l’utilizzo sfrenato delle risorse naturali, sono ormai radicati nella nostra civiltà, cambiare stili di vita può sembrare un sacrificio quasi inutile e velleitario, difficile quanto mutare le proprie abitudini. Sempre più preoccupati rischiamo una paralisi delle nostre azioni e ci chiediamo impotenti: posso mai contribuire ad arginare il disastro annunciato? La risposta è si. Prima di tutto sentendomi parte di un grande movimento in cui la consapevolezza e la partecipazione del singolo sono fondamentali per avviare quei processi di cambiamento che possono indicare la via verso la soluzione.

Siamo tutti potenziali attori di una Grande Transizione intesa come visione positiva del futuro, la Transizione verso un nuovo sistema economico più giusto, partecipativo e sostenibile che può avvenire soltanto se promossa dal basso, attraverso la mobilitazione delle risorse del territorio, la conoscenza e le relazioni dei cittadini, delle imprese e delle organizzazioni locali. Dobbiamo cominciare prima del 2020 a costruire un esercito di “change-maker” sul territorio per portare avanti, localmente, progetti concreti. Diffuse in tutto il mondo, moltissime anche in Italia, ci sono persone che si muovono in questa direzione attraverso esperienze e scelte diverse tra loro, ma tutte con lo stesso obiettivo: salvaguardare il pianeta e trovare soluzioni diverse da quelle che in questi ultimi tre decenni ci hanno condotto a questo punto. Sappiamo che esiste un punto critico pari circa all’uno per cento della popolazione, oltre il quale un cambiamento di massa si espande esponenzialmente. Questo un percento in Italia vale 600.000 persone. Quello che serve è un esercito di 600.000 change-maker che partecipino attivamente e portino un cambiamento concreto nel proprio paese.

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