Riccardo Iacona e il nostro Afghanistan
Si respira aria d’attesa, mischiata all’odore intenso di carta stampata, alla libreria Modusvivendi. Si aspetta Riccardo Iacona, il giornalista e conduttore Rai della trasmissione Presa Diretta.
È un martedì pomeriggio qualunque e come un cliente fra gli altri, entra in libreria. Indossa i colori della militanza. Scelta azzeccata per presentare il libro Se questi sono gli uomini (Chiarelettere), una raccolta di testimonianze dirette vissute da donne che hanno subito violenza. «Nel collegare le storie ho scoperto l’Italia nel profondo». Silenzio in sala e si comincia, Iacona rapisce dal primo all’ultimo minuto. Non usa mezzi termini per definire la dimensione catastrofica dei dati registrati «il nostro Afghanistan è il numero delle donne uccise». Il paragone inquietante lascia tutti atterriti. Non può essere l’Italia, non può essere davvero il bel paese, centro del mondo, delle arti e della cultura. Dante, Boccaccio e Petrarca lasciano in eredità figli che hanno ribaltato la visione della donna: non più angelo, ma vittima di violenza. I numeri fanno paura, sono 80 le donne uccise in un anno. La violenza è allora endemica. È la malattia del paese.
La strage incontrastata riguarda ogni livello d’abuso, il cui primo posto sul podio spetta a quello psicologico. Occorre scardinare la visione, il concetto stesso diviolenza per comprendere fino in fondo l’origine dei maltrattamenti. Controllo, isolamento, costrizione sono i primi passi verso ciò che potrebbe trasformasi in delitto.
Storie subumane, incomprensibili eppure giustificate da un paese fondamentalmente maschilista e, a tratti, negazionista. Basti pensare ai numeri del gender gap. Le donne italiane, lontane dai dati di Norvegia, Danimarca, Francia e Germania, partono con un handicap che ne impedisce la parità ai vertici politici e non «l’Italia è un paese di babbuini che hanno conquistato il potere e non lo mollano, forti del tetto di cristallo che si sono costruiti e che non si romperà mai». Una catena destinata a non spezzarsi, una falange armata che vede l’Italia ancora in bianco e nero. «Per squarciare il velo occorre creare e intensificare la rete di prevenzione in modo che ogni capoluogo abbia il proprio centro anti-violenza». Con questa esortazione Iacona termina il suo intervento, e lascia la libreria. Non prima di avere firmato gli autografi.