Vittoria, senza feste in piazza
Può sembrare una considerazione sciocca, ma forse un significato lo ha.
Grande la vittoria del PD, ma nessuno è sceso in piazza a festeggiare con slogan e bandiere.
Chi ha votato PD non si è sentita una parte oppressa, liberata dai suoi dominatori, e quindi urlante e felice; ma una consistente maggioranza, con sulle spalle il peso di difficili problemi da risolvere, insieme alla fiducia (speriamo!) di farcela. Una vittoria, quindi, che non si può sintetizzare nei mortaretti e neppure negli sberleffi ai perdenti; ma in un diffuso senso di responsabilità.
Che sia questo il significato di un partito che voleva diventare, e forse in questi giorni è diventato, forza nazionale? (Veltroni un tempo aveva parlato di un Partito democratico “a vocazione maggioritaria”). In altre parole: un partito che non si afferma CONTRO qualcuno o qualcosa (contro un altro leader politico, contro un determinato gruppo sociale, e così via) ma si caratterizza per le proposte e le azioni fatte e da fare nell’interesse di tutta la popolazione (ad esclusione di chi delinque). E’ sulla efficacia e la realizzabilità di queste proposte che si svilupperanno i dibattiti e le scelte, mentre sono crollati gli antichi steccati, pur basati su nobili ideologie, ma su una visione del mondo non più corrispondente alla realtà. Non servono tanto canti e bandiere, ma riflessioni attente e decisioni ben calibrate.
Ciò è stato, più o meno consapevolmente, compreso da elettori ed attivisti del PD…che si sono limitati a brindare a casa propria.
Non aveva vinto la nostra squadra di calcio, aveva vinto il partito al quale volevamo assicurare possibilità di lavorare bene e di crescere ancora. Se si fosse andato nelle piazze a gridare evviva sarei rimasta delusa