ancora io, la bambocciona

7 luglio 2014 di: Gilda Bambocci

Qualcuno adesso penserà che debba sfogare frustrazioni e rancori sui migranti. Che debba accanirmi contro chi arriva in un paese non suo per usufruire di risorse che il governo italiano dovrebbe dedicare innanzitutto a me, disoccupata o precaria cronica, per sempre alloggiata in casa di mamma. Vi ricordate? Sono Gilda Bambocci, la quarantenne che trascorre le sue giornate su facebook ingozzandosi di gelato d’estate e biscotti d’inverno, alla faccia di chi la giudica o le vuole male. Vi stupirò, ma il fatto di rivendicare davanti a voi la mia vita mi porta a comprendere le ragioni di chi ha deciso di fuggire dal proprio paese, le mie stesse ragioni. Allora vi dico che queste persone migranti mi sono simpatiche e che i fondi destinati a loro sono quelli che spettano all’accoglienza.

Di fronte al lavoro che non c’è e all’impossibilità di costruirsi una vita propria, qualcuno tenta la sorte e decide di partire e qualcun altro, al contrario, si barrica in casa. Le forze a disposizione non sono uguali per tutti e ognuno è costretto dalla propria sensibilità, dal coraggio, dall’età magari, dalle energie che si sente in corpo e dalle risorse di cui dispone o non dispone. Dico che ognuno è costretto perché comunque si tratta sempre di scelte indotte dalla “frusta del salario”, per dirla con Weber.

Magari anche questi figli dell’Africa, come voi, mi disprezzerebbero per non aver tentato di ribaltare la situazione andando via. Chi può dirlo? Magari sono tornata e ho gettato la spugna oppure non ho mai fatto un metro fuori da casa mia. In ogni caso a voi questo non deve interessare, sia detto con leggerezza e buona educazione. Una sola cosa dovrebbe preoccupare quanti scrivono o leggono questo giornale. Viviamo in un tempo di caccia alle streghe, dove il vuoto politico e la rinunzia ad individuare le cause generali dei mali collettivi hanno reso ognuno di noi un giudice pronto a colpire l’amico, il parente o la persona di cui si conoscono le scelte di vita. In tempo di pace è scoppiata una vera e propria guerra fra poveri, una caccia all’untore che ha rubato il posto ad ogni contestazione al sistema, ritenuta vana e fumosa come le chiacchiere contro qualcosa che è troppo più grande di noi. I migranti ed io ci sentiamo infatti sotto processo, loro per aver voluto partire ed io per il contrario. Il problema di fondo rimane: chi e come cambierà un mondo come questo? Continuate a darmi addosso, ma pensateci!

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