il piccolo principe e gli angiolotti
Il piccolo principe, dopo il suo incontro con l’aviatore, si era involato alla ricerca di altri amici da addomesticare, come la volpe. Essa gli aveva svelato che l’amicizia è eterna e che, come lui coltivava la sua rosa, d’ora in poi lei lo avrebbe avuto sempre nel cuore, anche quando correva nei campi di grano, perché il colore giallo le avrebbe ricordato l’oro dei capelli del suo amico. Il piccolo principe, infatti, aveva magnifici boccoli biondi, che gli incorniciavano quel viso dai tratti fini, delicati, dall’espressione seria, quasi triste. Così, il piccolo principe se ne andò di nuovo per il mondo e atterrò in una città. Dopo il deserto dell’aviatore, fu contento di ritrovarsi fra tanta gente. E poi la città era magnifica.
E c’erano fanciulli paffuti che giocavano spensierati per i vicoli. Il piccolo principe si avvicinò e cominciò a parlar loro dell’importanza dell’amicizia, della bellezza interiore, della necessità di combattere i baobab che minacciavano il pianeta. Mentre spiegava tutto compunto, i fanciulli paffuti, alcuni dei quali avevano piccole ali sulle spalle e sembravano degli angiolotti, gli facevano mille dispetti, finché lui si spazientì e gridò che erano dei selvaggi, incolti e superficiali. «Eh no! – replicò l’angiolotto che stava facendo le bolle di sapone – Noi non siamo diversi da te. Ma noi, alla cattiveria rispondiamo con la gioia. Tu vieni dal nord e il sole ce l’hai nei capelli; noi, qui nel sud, il sole ce l’abbiamo tutti i giorni. E’ per questo, forse, che siamo così giocherelloni. Ci esprimiamo diversamente da te, ma come te siamo qui per ricordare agli uomini che non c’è grande bellezza senza grande umanità e che l’amicizia autentica che ci lega, ci permette di affrontare con allegria anche il male che c’è nel mondo». Quella stessa grande umanità, diremo noi, che ha permesso all’aviatore francese Saint-Exupéry di creare il piccolo principe, che con metafore fanciullesche ci racconta che «l’importante è la rosa» e allo scultore siciliano Giacomo Serpotta di celebrare la vita con gli allegri angiolotti, che dalle pareti degli oratori siciliani, con il loro ammiccare, ci rimandano al pirandelliano «senso del contrario».
(ci perdoneranno dell’appropriazione, spero tanto, gli autori delle foto dei putti serpottiani scaricate da google)
Una deliziosa metafora del nostro barocco, bene questa nuova firma.
Che bella favola!
Una deliziosa ed elegante immagine, ne abbiamo bisogno in questo momento di sangue e morte.Delicatezza di penna e di pensiero.