nasce a Ustica l’orto di Giancarlo

7 agosto 2014 di: Rosanna Pirajno

Non si potrebbe sopravvivere alla disperazione per il male che agita una parte di mondo, tra guerre morti distruzione e cocciutaggine di capi e capetti, né si potrebbe guardare con fiducia al futuro di questo Paese alquanto derelitto anche per la “non manutenzione” dei suoi territori, se non ci fossero piccoli gesti di persone di buona volontà che vanno controcorrente.

Mi trovo in vacanza a Ustica, isola vulcanica di appena 8 kmq che offre ai turisti mare e fondali strepitosi ma che non ha dimenticato di possedere terreni fertili e coltivabili, di fatto coltivati da un piccolo manipolo di agricoltori – in prevalenza giovani uomini e una donna, Margherita Longo produttrice agricola e rappresentante della condotta lenticchia usticese che con il marito Vito prosegue una tradizione familiare – a vigneti e ora anche oliveti, lenticchie e orti per la delizia dei visitatori estivi.

Anni fa il noto giornalista enogastronomico Giancarlo Lo Sicco si innamora dell’isola e dei prodotti della sua terra, tanto da farsi promotore dell’inserimento della lenticchia, speciale perché piccola e saporita, nell’elenco dei presìdi protetti da Slowfood e dall’infaticabile ricercatore di cibi buoni puliti e giusti che risponde al nome di Carlin Petrini.

Prima della sua prematura scomparsa Giancarlo fa in tempo ad acquistare una “lenza” di terreno a Tramontana, lunga e stretta come colonizzazione settecentesca predispose per fornire ai coloni sia legna del bosco che pesce del mare, ma non ad impiantarvi l’orto che sognava e che ora c’è. L’orto didattico di Giancarlo, come recita la targa ceramica donata dal fiduciario Slowfood di Palermo Mario Indovina, è stato inaugurato due giorni fa dai familiari che hanno esaudito il suo desiderio, soprattutto la sorella Gabriella e la figlia Marta che materialmente zappano e seminano con l’ausilio di un bracciante, e dalla presidente della associazione Siciliasi (www.siciliasi.org), Teresa Armetta, che si è fatta carico della proposta e delle procedure per il suo riconoscimento formale.

L’orto didattico è non solo uno strumento per avvicinare i bambini in età scolare alla terra, sporcandosi le mani per impararne i cicli che dalla semina conducono alla raccolta con corollario di meraviglia e apprensione, ma fa parte di quei progetti forse utopici ma poi non tanto di scuola-fattoria indirizzata, come ha sottolineato il fiduciario Slowfood, al recupero di perdute «identità territoriali che si manifestano attraverso cultura ed enogastronomia» e di cui hanno già fatto esperienza gli scolari usticesi la scorsa primavera con un laboratorio, curato dal costituendo orto assistito da Siciliasi, che a detta delle numerose insegnanti presenti ha dato ottimi risultati. E questa, la nascita dell’orto e dell’interesse dei bambini per la madreterra, è la buona notizia che ci solleva un poco dalle angosce di un presente molto, ma molto tormentato.

2 commenti su questo articolo:

  1. Rita scrive:

    queste iniziative di cui in Sicilia si sa poco, e a volte per caso, altrove vengono puntualmente celebrate, Dovremmo
    cominciare ad amare un poco la nostra terra.

  2. Serena scrive:

    L’assurdità di noi siciliani che stendiamo la biancheria sporca ed occultiamo quella pulita. Parliamo anche di quello che di buono si fa.

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