una settimana a Palermo e dintorni

26 agosto 2014 di: Clara Margani

L’Isola delle Femmine vista dall’aereo con le nuvole che avvolgono il monte Pellegrino e Santa Rosalia. Dolci squisiti, casalinghi e comprati, mangiati su una terrazza di una villa a Cardillo con il panorama notturno di Palermo in basso, dove le luci dei quartieri ricchi e di quelli poveri non si distinguono. Un altro panorama mozziafiato, questa volta diurno, dalla terrazza di un villino liberty costruito sugli scogli di Sferracavallo. Mare e cielo dello stesso colore: Sferracavallo con gli scogli, e molto più avanti la spiaggia di Balestrate con la sabbia.

Il fumo degli arrosticini di Ballarò alle spalle di una chiesa momentaneamente chiusa che dicono bellissima. Il bar pasticceria Ruvolo col soffitto affrescato in un antico palazzo in via Maqueda. Il signor Salvo, detto Salvino, che mostra i balconi di un altro palazzo, sede letteraria dei Beati Paoli, con lunghe piante secche come festoni decorativi e a piano terra un magnifico mosaico liberty, insegna di un fornaio che non vende più pane al mercato del Capo. Il cortile del palazzo Santa Ninfa in corso Vittorio Emanuele, visto perché la testa si è girata casualmente.

Nel quartiere Brancaccio, sull’autobus senza biglietto e nella direzione sbagliata in compagnia di un gruppo di ragazze e ragazzi rassicuranti e scherzosi sul probabile ritorno alla stazione centrale.

Tramonto in campagna presso Partinico e la voce di Claretta Salvo, epigona di Rosa Balistreri, che canta con ironia “Guvernu ‘talianu” alla fine di una cena sull’aia della masseria che conserva i libri di Danilo Dolci, raccolti dal suo collaboratore Pasqualino Marchese.

Le montagne aride e imponenti che incombono sulla strada dove c’è la stele di Capaci davanti alla quale non si può non passare. Il trionfo della morte che cavalca nel palazzo Abatellis e nemmeno l’Annunciata di Antonello riesce a fermarla con la sua piccola mano alzata. Lo splendore del gesso trasformato in marmo dall’arte di Giacomo Serpotta e i suoi puttini che si tirano il pene e si strappano i capelli. La meraviglia degli intarsi di marmo nelle chiese dalle facciate insospettabili, scrigni troppo semplici per tesori così grandi. Il dignitoso palazzo del Comune e di fronte un edificio più bello abbandonato e a rischio di crollo; è per questo forse che piazza Pretoria si chiama anche piazza della Vergogna?

La mendicante di via Ruggiero Settimo che sembra una passante che vi chiede un’informazione o che potrebbe darvela a sua volta. Gli sposi in posa al Massimo, che sembrano appena usciti dalle vetrine di Colet.

I tunnel di alberi della Favorita che dalla città portano ai villini liberty di Mondello: due moto, una quasi dentro l’altra, un casco rotolato alla base di un albero con le prostitute come testimoni dell’incidente. Ficus magnolia esageratamente grandi, la cui ombra accogliente è prodotta dalla chioma, ma soprattutto dal fusto che sembra crescere scendendo dall’alto.

Amiche e amici trovati e ritrovati che condividono questa grande bellezza, mentre sulla città aleggia un diffuso spirito maschile deluso e malinconico alla ricerca del suo passato splendore, mescolato a quello femminile che coraggiosamente mostra senza paura i segni del passare del tempo e degli uomini.

7 commenti su questo articolo:

  1. Marina scrive:

    Grazie Clara. Ho rivissuto leggendoti le intense sensazioni che ha suscitato in me questa città di grandi contrasti, dove aristrocratici e mendicanti, attori e cani randagi coabitano, indifferenti gli uni agli altri; dove bellezza e decrepitezza testimoniano di un grande passato, ma anche della possibilità di un grande avvenire
    Questa è Palermo, capoluogo della Sicilia, che Sciascia definì “metafora dell’umanità”

  2. Silvana scrive:

    Il tuo articolo Clara mi ha riportato a quella giornata gioiosa a casa mia, alla simpatia immediata con Marina alle discussioni con Rita e Ninni, a quel cielo e quel mare che quel giorno davano il meglio di loro. Grazie anche per Palermo compresa così
    bene, a presto a presto!

  3. magda scrive:

    questa descrizione fa concorrenza alla “grande bellezza” premiata con l’Oscar
    si dovrebbe istituire un premio per la capacità descrittiva di chi come Clara
    rappresenta la realtà come se fosse pura poesia
    che voglia di visitare Palermo!!!

  4. Rita scrive:

    Non ho parole adatte per complimentare l’occhio fotografico. Per scrivere una cosa così non basta l’occhio e il cuore, ci vuole anche orecchio, e un cervello, e tutti molto speciali.

  5. Antonia scrive:

    Bella e terribile descrizione della città, in cui sono nata, che ho lasciato da tanti anni e nella quale ritorno per brevi periodi durante l’anno per rivedere mia madre. Il mio amore e il mio rifiuto per Palermo attraverso le parole di Clara.

  6. Vito scrive:

    Bella descrizione di un agosto Palermitano.Si percepiscono i colori,i sapori si vedono immagini pieni di contrasti ,ma ciò che maggiormente si sente è quello che lascia dentro ,sensazioni talmente forti che difficilmente potranno abbandonarci. Vito

  7. stefania scrive:

    Ciò che non sono riuscita a cogliere a venti anni, quando ho passato più di una settimana a Palermo,con una mia amica, l’ho sentito con le parole tramutate in immagini lievi e forti che Clara ha saputo cogliere, con l’estro di una poetessa e l’animo di una pittrice.

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