“Un teatro dell’onirico animato da guizzi di allegria surreale” dal Corriere della Sera del 17\9\14

17 settembre 2014 di: Silvia Vegetti Finzi

“…Nella lingua ebraica le parole «rosso», «uomo» e «terra» hanno la stessa radice che significa «sangue». Un’appartenenza profonda, che alimenta l’immaginazione creativa di Chagall estendendola, al di là dell’intimismo romantico, alla cultura e alla storia. Nonostante la sua vita, durata quasi un secolo (1887-1985), abbia attraversato un periodo storico travagliato dall’antisemitismo, da due guerre mondiali, dalla rivoluzione russa, dalla persecuzione nazista e dall’esilio, non gli verrà mai meno la speranza, la passione in una utopia innovatrice. Non sempre i temi che egli affronta sono rassicuranti ma spesso li anima un guizzo di surreale allegria, come a confermare l’asserzione di Freud: «L’ebreo è per la gioia e la gioia è per l’ebreo» . Nel complesso la sua opera trasmette una visione positiva della vita e del mondo ove l’amore sopravvive alla morte e la storia, che si radica nelle vicende bibliche (da lui splendidamente illustrate), persegue un imperscrutabile disegno divino, che opera fuori e dentro di noi. Scrive: «Si deve lavorare sul quadro pensando che qualcosa della nostra anima entrerà a farne parte e gli darà sostanza. Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve affermare qualcosa d’inafferrabile: il fascino e il profondo significato di quello che ci sta a cuore». Un programma che vale tanto per Chagall quanto per noi, chiamati a recepire un’eredità artistica tra le più alte, coinvolgenti ed enigmatiche dell’intera storia dell’arte.”

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