il trionfo dell’egoritratto
In futuro ciascuno avrà quindici minuti di fama. La profezia lanciata da Andy Warhol nel 1968, si è avverata. Grazie al selfie, ognuno può mettersi in scena e far sapere, anzi vedere a tutti dove si trova e con chi, come è vestito e che cosa mangia. E’ il trionfo dell’egoritratto, la celebrazione dell’ego nell’istante effimero e la diffusione dell’ immagine di sé, affinché il maggior numero possibile di persone possa essere trasformato in «voyeur » dei nostri vizi e virtù, pubblici e privati.
Succede così che nella pudibonda svizzera tedesca un consigliere comunale ecologista invii ad un’amica una foto di se stesso nudo, seduto dietro la scrivania del suo ufficio di funzione e provochi un piccolo scandalo politco, nonché l’imbarazzo dell’organizzazione pro-palestina da lui attivamente sostenuta. Si vocifera addirittura che l’estrema mediatizzazione della notizia sia stata orchestrata dal responsabile della comunità israelitica locale… « O tempora, o mores !» Non possiamo non rilevare l’abisso che separa i selfie dall’estetica, ma anche dalla concezione morale delle fotografie di Vivian Maier, sulla vita della quale proprio in questi giorni, in Svizzera, viene proiettato un film documentario. Per chi non la conoscesse, ricordiamo che questa grande esponente della Street photographie, ha lasciato più di 120.000 negativi, mai sviluppati né stampati, per mancanza di mezzi finanziari. Poco le importava, del resto, la diffusione delle sue foto. Ciò che l’ interessava era cogliere l’essenza sotto l’apparenza, fotografando la gente, gli altri, lieti o sofferenti, ricchi o poveri che fossero, a Chicago o altrove, captando con l’obiettivo la loro autenticità.
L’alta professionalità di Vivian era assolutamente istintiva e il suo sguardo fotografico era guidato dalla consapevolezza che nel cuore della terra, come ha sciritto il grande Quasimodo, siamo tutti un «ognuno», ma condividiamo tutti lo stesso destino.