in principio fu il Belluscone di Franco Maresco

7 settembre 2014 di: Rosanna Pirajno

La scena è questa: folla di ragazzine vocianti al botteghino e già mi meraviglio, vuoi vedere che Venezia trasforma in idolo pure uno dalla vena amara come Maresco? Mi sbaglio, il loro totem si disvela nella sala 2 ma intanto un gruppetto di signore agée è indecisa sulla scelta, infine opta per la compagnia delle ragazzine perché «Maresco non lo reggo proprio».

Nella sala 1 di “Belluscone, una storia siciliana” di Franco Maresco gli spettatori siamo sette, contati. Sono spinta da curiosità, mi rilasso, sono preparata a tutto. Quando si riaccendono le luci indugio sui titoli di coda, nella lunghissima lista dei ringraziati e coinvolti leggo qualche nome conosciuto, ma scorre troppo in fretta e io debbo riprendermi dalla botta.

Porto fuori, nel buio della sera appena calata, il mio spirito dibattuto tra orrore e compiacimento: ci avevo azzeccato, il film è quanto di più marescano abbia finora visto, la città che racconta è quella abitata da una popolazione “brutta, sporca e cattiva” che noi, che abitiamo e agiamo altrimenti, consideriamo aliena, distante e perfino “curiosa”, non ci appartiene. Maresco, nella sua depressione da veggente solitario e  inascoltato che Tatti Sanguineti nel ruolo di se stesso cita di frequente, ha fatto un film crudele e coraggioso, ha scarnificato un pezzo di società che ci è contigua più di quanto ci piaccia ammettere, ne registra con apparente distacco umori e amori, la mafia che pretende inchini e pizzini “agli ospiti dello Stato” e però protervamente denegata, le dichiarazioni di estraneità alle istituzioni democratiche e l’adesione convinta al credo berlusconiano, lui che le salverà dall’oppressione di regole e precetti è la divinità incontrastata di folle che si sbracciano in ugual misura per i cantanti neomelodici che un incredibile impresario – tale Ciccio Mira messo a nudo nel cupo bianco nero con cui il regista dipinge i personaggi del mondo derelitto cui dà voce – recluta per le feste di quartieri tenuti in pugno dalla mafia, come Brancaccio, dove in prevalenza si svolgono i riti che ci vengono svelati tra tattoo, gel e mise alla moda.

Apprendo dal tg della sera che il film “Belluscone, una storia siciliana” comprensiva di intervista a Dell’Utri assiso in trono e allusioni più o meno velate ad una continuità politica ininterrotta, ha ottenuto il premio della critica al festival del cinema di Venezia, anche questo un atto di coraggio. Il film, andate a vederlo, è un pugno allo stomaco salutare.

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