La Crimea, tra rivendicazioni autonomistiche e rivalità di potenze

17 settembre 2014 di: Simona Mafai

Dei problemi internazionali parlo sempre con estrema prudenza.  Sappiamo tanto poco della Sicilia, figuriamoci di paesi tanto  lontani! Tuttavia ci piace cercare  “la verità”; anche se la verità spesso è “plurima”.

Dal dopoguerra  ad oggi abbiamo assistito  al costituirsi di molte  formazioni nazionali nuove,  e  non solo – come era ovvio e giusto – nei territori ex-coloniali. Pensiamo ad Israele  (ed alle sue tragedie),  e , più  recentemente, agli stati risultanti dalla scomposizione della ex-Jugoslavia, uno dei quali – la Serbia – ha dovuto successivamente accettare anche l’amputazione del Kosovo.

Altre questioni sono aperte oggi, e molto vicino a noi. A metà  settembre la Scozia voterà con un referendum per confermare o meno  la sua appartenenza al Regno Unito; la Spagna è di fronte alle implacabili rivendicazioni autonomistiche (al limite della secessione) della Catalogna e dei Paesi Baschi. Tra la Turchia e l’Iraq, si sta formando – si può dire che di fatto si sia già formato – il Kurdistan, regione autonoma e prossimo stato indipendente dei Kurdi,  cui gli stati occidentali hanno fornito  armi per combattere contro l’annunziato Califfato Islamico.

Di fronte a un tale quadro, è difficile condividere l’indignazione dell’USA e dei  paesi europei nei confronti delle rivendicazioni autonomistiche della Crimea. Questo territorio nel corso dei secoli ha avuto sempre una fisionomia propria,  passando da condizioni di completa indipendenza, con un proprio parlamento,  ad annessioni temporanee, prima alla Turchia e  poi all’Unione Sovietica. Dopo la caduta dell’URSS, la Crimea ha vissuto condizioni statuali indefinite, fino a quando, nel 1995, anche in seguito a una decisione della Russia, il proprio Parlamento deliberò l’adesione alla Repubblica dell’Ucraina.   Che  rispetta ben poco le autonomie: si pensi che il governatore della Crimea  (come delle altre regioni autonome dell’Ucraina)  viene nominato dal presidente dell’Ucraina stessa, e non eletto dalla popolazione locale. E’ stato perfino contestato l’uso ufficiale della lingua russa, in una popolazione russofona al 90%.

Lunga premessa per dire che non si può attribuire l’ansia di autonomia della Crimea solo alle “terribili” mire imperialistiche di Putin. Putin certamente non è un ingenuo difensore dell’autonomia dei popoli, ma nella partita che si sta giocando oggi tra USA, Europa e  Russia, per  ridurre od estendere le reciproche “sfere di influenza” , le ragioni della Crimea e della sua volontà autonomistica dovrebbero essere tenute più presenti dai difensori occidentali dei diritti dei popoli, che con troppa fretta si sono schierati sotto le  bandiere della Nato.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement