La lavatrice e i viaggiatori del mondo
Davanti a me c’è una grossa lavatrice aperta e minacciosa. Devo lavare una montagna di lenzuola e tovaglie, ma non ho idea di come cominciare. Qual è il sapone giusto? Le istruzioni d’uso sulle bottiglie sono scritte in un inglese che non capisco. Potrò mettere assieme le lenzuola colorate e quelle bianche? E le tovaglie?
Dopo la laurea ho un paio di mesi liberi, e allora decido di partire per un po’. Scopo della missione: imparare l’inglese. Aiuto a gestire un bed and breakfast in cambio di vitto e alloggio. È cosi che mi ritrovo, una mattina, davanti a una pila di roba da lavare e nessuna idea su come farlo.
Siamo una generazione di ragazzi un po’ strana. Ci muoviamo con disinvoltura nel mondo della tecnologia, viaggiare non ci spaventa, eppure siamo in imbarazzo davanti a un mucchio di azioni quotidiane. Si è parzialmente interrotta quella trasmissione di conoscenze domestiche che caratterizzava il rapporto madre-figlia, né –in genere- si reputa ancora necessario istruire in proposito i figli maschi (permane un certo pregiudizio sulla “roba da donne”). Cosi, ci ritroviamo –tutti- abbastanza impreparati al momento di lasciare il nido, momento che in genere coincide con l’ingresso all’università. Poco importa finché si condivide l’appartamento con altri studenti, dove si può ridere dei disastri reciproci e non è poi grave dormire fra le lenzuola spiegazzate. Il problema sorge, come nel mio caso, quando le circostanze ci costringono a fare un lavoro almeno un po’ più accurato.
Meno male che c’è internet, che ormai è sempre a portata di mano per tutti, e che su youtube puoi trovare tutorials, brevi video, che ti spiegano come fare praticamente qualsiasi cosa, dal preparare la crema gialla, al piegare le lenzuola e a trapiantare il basilico. E se un tizio in America una volta ha aiutato la moglie a partorire dopo aver cercato le istruzioni su google, a me basta digitare “bucato” perché un tipo dalla faccia simpatica mi spieghi tutto su delicati, seta, colorati e ammorbidenti.
Se poi voglio essere proprio sicura sicura di quello che sto facendo, ecco che la tecnologia mi viene di nuovo in soccorso: apro Skype e in pochi secondi sono in collegamento –gratuito- con l’Italia.
“Ehi mamma sì… sì sì qui tutto a posto… sì sì mangio…senti c’è qui la lavatrice…ma che dici, posso fare il lavaggio rapido per le lenzuola bianche? Eh? A quanti gradi? Ok, ok, va bene…”
Meno male che c’è internet, e meno male che ci sono le mamme
Bello, sincero e divertente questo articolo! Io appartengo al versante “mamma” con dei figli ormai ventenni e come a loro devo insegnare molte cose che riguardano le manualità domestiche, così dovevo ricorrere a loro per ogni cosa inerente al computer finché mi sono iscritta ad un corso…seniores per apprendere i necessari rudimenti dell’informatica ed essere così più indipendente. Cara Letizia, siamo 2 facce della stessa medaglia: noi incarniamo la tradizione, voi siete già proiettati nel futuro
Articolo molto spiritoso e vero, perfino i miei nipoti di 8 e 6 anni sanno parlare di web, gestori telefonici e velocità di internet hanno però problemi per farsi un panino, si tratta di bambini viziati o moderni? Brava Letizia
Ma ci pensate che le mamme (e mi risulta anche qualche nonna) hanno dovuto imparare, e pure in fretta, a districarsi tra tutta questa tecnologia 2.0 per non perdere i contatti con figli e figlie “persi nel web”, come è per le ultime generazioni di tecnologi espertissimi? lode alle mamme “navigatrici”, dunque!