il paese dei Promessi Sposi
Il coraggio, uno non se lo può dare, diceva Don Abbondio. Ed anche oggi, dietro ai matrimoni che non s’hanno da fare, dietro ai diritti negati, al mancato riconoscimento sociale e giuridico di tutte le unioni di persone che hanno scelto di formare una famiglia, c’è una questione di coraggio.
Il dibattito suscitato dalla circolare del ministro Alfano che impone ai sindaci italiani il divieto di trascrivere sui registri dello Stato Civile i matrimoni celebrati all’estero da coppie dello stesso sesso e la cancellazione di quelli già registrati, si apre su un vuoto legislativo, su un’inerzia della politica italiana, in assurdo ritardo rispetto al resto d’Europa, che è frutto sia di cecità di fronte al mutamento, alle trasformazioni e alle nuove istanze sociali, sia, soprattutto, di viltà di fronte all’urgenza di porre fine a un’evidente discriminazione.
Da anni si discute, si avviano percorsi, come quello per i Pacs, senza concludere nulla: per alcuni esponenti e formazioni in nome del mantenimento di una presunta identità fondata su presunti valori tradizionali, per altri (e, in definitiva, per tutti) nel terrore di perdere consensi scontentando una (immaginaria) larga fetta dell’elettorato. Come sottolineava Rodotà in un recente articolo su La Repubblica, una «precisa responsabilità politica spetta al Parlamento che si è chiuso in un inammissibile silenzio» mentre sia la Corte Costituzionale che la Corte di Cassazione hanno riconosciuto la rilevanza delle unioni tra persone dello stesso sesso, con la possibilità di rivendicare i medesimi diritti delle coppie eterosessuali.
Intanto, mentre molti sindaci, in prima linea di fronte alle richieste dei cittadini, si rifiutano di obbedire (tra di essi Orlando: a Palermo il Registro delle unioni civili esiste da più di un anno), si apprende che c’è un disegno di legge promosso dal Pd, limitato alle unioni civili sul modello tedesco, attualmente in discussione in commissione Giustizia al Senato. Anche su questo calerà il silenzio?
Parlano, invece, vescovi e cardinali riuniti in questi giorni nel Sinodo, manifestando un’attenzione, un’apertura al dialogo e all’accoglienza nei confronti delle coppie omosessuali e delle “situazioni familiari difficili” inusitate per la chiesa cattolica: un nuovo atteggiamento, non integralista, frutto, forse, dell’interpretazione autentica di un precetto evangelico che tutto comprende: «Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato».
Anche la Chiesa può cambiare: con buona pace di quei politici finti cattolici e più papisti del Papa che si troveranno scavalcati, nel rispetto dei diritti della persona umana, da un Papa molto più cristiano che papista.