preparasi marcia trionfale ogm, stop
Si è aperto inaspettato un dibattito pro e contro gli ogm sulla stampa, dal New Yorker che sbugiarda Vandana Shiva sulle sue competenze scientifiche, al fuoco amico su Repubblica fra scienziati pro e non-scienziati versus, ultimo dei quali un ottimo Michele Serra che mette l’accento nel punto anche per me più debole delle posizioni favorevoli.
Intanto c’è già chi ha affrontato l’argomento in un film di fantascienza tra poco in uscita, Interstellar diretto e prodotto dal giovane regista londinese Cristopher Nolan, la cui trama si snoda tra disastrose catene di carestie e altre sventure in una Terra sconvolta dai cambiamenti climatici e piagata dalla desertificazione, ad esclusione dei campi di mais supposto geneticamente modificato e quindi caparbiamente resistente.
Sarà fantascienza, ma si sa che le intuizioni degli artisti spesso intercettano “cose che voi umani …” eccetera da segnali cui non diamo peso finché non sfociano in tragedie, apocalissi, fine del mondo annunciata, come nell’insuperabile Blade Runner di Ridley Scott che di quello che potrebbe succedere al mondo, e all’animale metropolitano uomo, donna e mutante, traccia un quadro allarmante quanto avverabile. Quei sensori sensibili all’invisibile e all’imponderabile, propri degli artisti, mancano invece agli scienziati, realistici, pragmatici, dalle certezze inespugnabili a dispetto del socratico «so di non sapere», mai contaminate, e ci mancherebbe, dalla “emotività” che imputano ai non-scienziati. A quelli cioè, con in testa Vandana Shiva e Carlo Petrini, contrari alla coltivazione degli organismi geneticamente modificati perché ai supposti vantaggi – «aumentare la qualità dell’alimentazione», «assicurare la sopravvivenza della vita sul pianeta», «risolvere il gravissimo problema della cecità infantile» (Umberto Veronesi in la Repubblica del 6.10) – o alle altisonanti convinzioni di Elena Cattaneo (la Repubblica del 4.10), «ancora in cerca di prove contro l’impiego di ogm» che «evidentemente non fanno male né alla salute né tantomeno al gusto» e che, introdotti nei mangimi, procurano «vantaggi per ambiente ed economia», contrappongono fra l’altro giustificati allarmi per le componenti ambientale e “sociale” della questione.
Che significa perdita della biodiversità vegetale, animale e paesaggistica e perdita della autonomia dei coltivatori poiché, a causa del brevetto che impongono sui semi geneticamente modificati, le multinazionali vendono a caro prezzo le sementi, i fertilizzanti e i pesticidi necessari alle coltivazioni ogm, di fatto imponendo la privatizzazione di un sistema che da che mondo è mondo è aperto a tutti quelli che, per mestiere o per necessità, coltivano, seminano, raccolgono e ri-seminano dal proprio raccolto, senza dover dipendere da banche-semi e banche-prestiti.
Dallo scontro tra multinazionali agroalimentari pro, che mirano al profitto, e chi considera «inaccettabile l’idea che il diritto su un seme sia di proprietà privata», non emerge neppure la verità sulla supposta facoltà degli ogm di sfamare il mondo poiché risulta, da altre ricerche, che non è il cibo a difettare quanto la sua equa distribuzione tra i popoli del mondo. Non dovrebbe allora far sorgere qualche dubbio, il ruolo delle multinazionali nella questione vantaggi-svantaggi delle coltivazioni ogm nel mondo?