tempo scaduto, agire subito per il clima

6 ottobre 2014 di: Leontine Regine

Ormai è sempre più evidente: il cambiamento climatico è in atto e questo cambiamento avrà delle conseguenze negative per tutti gli abitanti del pianeta. Viene ripetuta e confermata da tutte le fonti scientifiche la necessità di urgenti misure di adattamento e di prese di posizione non più procrastinabili. Secondo le ultime valutazioni pubblicate dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, si prevede che gli eventi climatici estremi diventeranno sempre più intensi e frequenti e che alcuni paesi saranno meno in grado di adattarsi al cambiamento climatico rispetto ad altri, in parte a causa delle disparità economiche in Europa. Gli effetti del cambiamento climatico potrebbero ampliare tali disuguaglianze. Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’AEA, ha affermato: «Il cambiamento climatico è una realtà di dimensioni mondiali, e la portata e la velocità del cambiamento stanno diventando sempre più evidenti. Ciò significa che ogni componente del sistema economico, incluse le famiglie, deve adattarsi e ridurre le emissioni».

Tutto questo è orami certo, ma che cosa si sta facendo di concreto in Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica e spiegare alle famiglie che devono adattarsi e ridurre le emissioni? Non mi sembra che sia mai partita, nel nostro Paese, una presa di coscienza di questo tipo, non se ne parla e si lascia trascorrere tempo prezioso. Si è più propensi a consolarsi con l’idea che a occuparsene bastano gli ambientalisti e che comunque si troverà un modo per risolvere il problema.

Ci sono quelli che pensano che sia meglio concentrarsi solo sullo sviluppo economico, come se la ricchezza costituisse un deterrente infallibile alle condizioni meteorologiche estreme in cui tutti saremo coinvolti. Ci sono quelli che sebbene leggano inorriditi gli articoli sui giornali che parlano di frane, esondazioni e bombe d’acqua in territori fragili, o di grandinate e tifoni che scoperchiano case e abbattono alberi secolari, dicono a loro stessi che sono troppo occupati per prendersi cura di un qualcosa di così lontano e imprevedibile. Eppure anche loro sanno che nessuno è al sicuro, e i più deboli meno di tutti.

Ci sono poi quelli che preferiscono rimuovere il problema, seppure leggano con ansia le notizie sugli effetti a breve scadenza del cambiamento climatico. Si tratta di una strana forma di amnesia ecologica intermittente, la neghiamo perché abbiamo il timore che tutto possa cambiare e noi siamo piccoli e impotenti per potere intervenire. Eppure sappiamo che se permettiamo alle emissioni di continuare a crescere anno dopo anno, le variazioni climatiche finiranno con il cambiare tutto il nostro mondo. I film americani che raccontano le catastrofi più spaventose potrebbero diventare realtà: siccità in alcune parti del mondo e inondazioni e allagamenti in altre, con la conseguenza di perdite di innumerevoli vite umane e di ecosistemi animali e vegetali, danni economici, guerre e migrazioni di massa.

Ci sono dei metodi, comunque, per evitare un futuro così cupo, o che almeno possano renderlo molto meno minaccioso. Ma il problema è che questi comportano il cambiamento di tutto il resto, si tratta di dover cambiare il modo in cui viviamo, il funzionamento delle nostre economie.

Perché in Italia se ne parla così poco? Cosa fa il mondo della cultura di fronte ad una emergenza così dirompente? Il 20 settembre scorso, alla vigilia del summit Onu, a New York e in altri Stati americani sono scese per strada per partecipare alla People’s climate march quasi un milione di persone. In mezzo a loro c’erano giornalisti, attori, scrittori, oltre agli attivisti, tutti insieme a dire ad alta voce che la conversione è impellente e che sono pronti a fare la loro parte. Persone consapevoli e determinate a vigilare perché si agisca nell’unica direzione possibile: intervenire sulle due principali cause del problema: l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione.

In Italia c’è stata una manifestazione soltanto a Roma, con poche centinaia di persone. Non era presente neanche il sindaco e tanto meno esponenti del mondo culturale. Eppure questa emergenza è un fatto culturale, riguarda tutti, chi possiede le parole, la voce per diffonderne l’urgenza non può restare chiuso nella sua torre d’avorio e limitarsi a fare la spesa dal negozio biologico e non mangiare carne, non può limitarsi ad andare in bicicletta e con questo sentirsi la coscienza a posto.

Tra 15 mesi si terrà il fondamentale vertice di Parigi per il clima, per allora avremo bisogno di un accordo globale. Entro marzo, i singoli Stati dovranno presentare i propri impegni nazionali: per questo anche in Italia c’è bisogno di intervenire in tanti e aderire al movimento globale già in atto.

Il disastro annunciato necessita di una forma di coinvolgimento diverso, implica azioni collettive in cui chi possiede gli strumenti per diffondere l’avvertimento e pretendere interventi decisivi, non dovrebbe esimersi dal farlo. Come dice Naomi Klein: «Se vogliamo ridurre le emissioni nel corso del prossimo decennio, abbiamo bisogno della più grande mobilitazione di massa mai avvenuta nella storia. Abbiamo bisogno di un piano Marshall per la Terra. Questo piano deve mobilitare dei finanziamenti e dei trasferimenti di tecnologia di dimensione senza precedenti. Per garantire la riduzione delle emissioni ed allo stesso tempo un miglioramento della qualità della vita, queste tecnologie devono essere rese disponibili ad ogni paese. Abbiamo a disposizione solo un decennio: non dobbiamo essere solo spettatori di tutto questo, i politici non sono gli unici ad avere il potere di dichiarare una crisi. Anche i movimenti di massa, costituiti da persone normali, possono dichiararne una».

3 commenti su questo articolo:

  1. Agnese scrive:

    Se minimamente Mezzocielo è ambientalista dovrebbe fare una campagna seria e continuativa e sarebbe sempre poco perchè non basta poi dire noi l’avevamo detto!

  2. silvana scrive:

    Mezzocielo cara Agnese è soltanto un giornale che esce come cartaceo bimestrale e sul sito è presente ogni giorno, non possiamo fare che il nostro compito dare le notizie,avvertire; di ambiente ne parliamo una o due volte al mese, possiamo intensificare le notizie e gli articoli e far scrivere, se volete, anche voi.Non abbiamo altre armi.

  3. Ruggero Madia scrive:

    E’ un momento molto critico: l’emergenza è stata proclamata molte volte ma siccome quello che succede non smentisce quello che dicono gli ambientalisti, ma consente ancora la possibilità di adattarsi si continua a vivere sereni ed invece fra due, tre allarmi e …. dopo di me il diluvio

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