le Donne del Digiuno sono andate agli Uffizi

1 novembre 2014 di: Rosanna Pirajno

La mostra delle foto, bellissime, che Francesco Francaviglia ha scattato, ventuno anni dopo, a trentuno delle donne che manifestarono il dolore per le stragi di Falcone e Borsellino del 1992 presidiando piazza Castelnuovo con un digiuno collettivo durato l’intero mese di agosto, si può visitare fino al 9 novembre al complesso degli Uffizi di Firenze. E’ lì che è andata dopo l’esposizione a palazzo Ziino a Palermo, in una sorta di collegamento di memoria con l’attentato di via dei Georgofili del 1993, costato la vita a cinque giovani vite innocenti e ingenti danni al patrimonio artistico. L’inaugurazione della mostra è stata preceduta difatti dalla apposizione di una corona di fiori sotto la targa commemorativa, presenti il sindaco di Firenze, Dario Nardella in abbigliamento molto casual, e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando venuto per l’occasione con il già assessore alla Cultura Francesco Giambrone, qui di casa per aver ricoperto cariche istituzionali.

Venute da Palermo, oltre me, Daniela Dioguardi e Bice Mortillaro, da Roma Franca Imbergamo che è intervenuta con un ragionamento lucidissimo e severo sull’andamento delle indagini ai tempi della trattativa stato-mafia, e Luisa Morgantini. E ciascuna di noi è intervenuta a spiegare e raccontare cosa successe allora, come fu che si pensò a quel digiuno reale di donne che si mettevano in gioco con il proprio corpo, per simboleggiare la partecipazione emotiva fatta di rabbia e dolore di una società colpita a morte, ma non vinta né rassegnata.

La città di Firenze, sostiene Francesco l’autore, ci ha “adottate”, tanto è il numero di visitatori che dal primo giorno affolla la sala in cui siamo esposte, noi Donne del Digiuno con le nostre rughe e le occhiaie e i segni di una vita trascorsa tra il sangue dei troppi omicidi di mafia e i tentativi di ribellione che ci hanno accomunato e che tuttora si leggono, come ha detto Sergio Staino intervenuto all’apertura, negli sguardi consapevoli di non aver raggiunto la verità e giustizia allora invocate e, senza sconti a nessuno, pretese. Sguardi che Francesco Francaviglia ha saputo cogliere, facendoli emergere da un metaforico fondo oscuro e indeterminato e facendo di quei ritratti l’emblema della voglia di riscatto di una società – in cui le donne hanno un ruolo preminente seppure non pubblicamente riconosciuto – che non ha ancora saputo trovare la via definitiva per liberarsi dei gravosissimi fardelli in cui, pur disponendo di anticorpi buoni a combattere mafia, corruzione, malaffare, insipienza e degrado materiale e morale, resta drammaticamente e stupidamente immersa.

(foto di copertina e dell’allestimento di F. Francaviglia)

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