le pietre di Antoine

11 novembre 2014 di: Clara Margani

Nel lontano 1967 il cantante francese Antoine esplicitava in una canzone orecchiabile una verità fondamentale che attraverso gli anni è servita a stigmatizzare accadimenti diversi, sia pubblici sia privati. La canzone si intitolava “Pietre” e il testo merita di essere citato integralmente: «Tu sei buono e ti tirano le pietre. Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai. Tu sei ricco e ti tirano le pietre Non sei ricco e ti tirano le pietre.  Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va e pietre prenderai senza pietà! Così sarà finché vivrai. Sarà così. Se lavori, ti tirano le pietre. Non fai niente e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai capire tu non puoi se è bene o male quello che tu fai. Tu sei bello e ti tirano le pietre. Tu sei brutto e ti tirano le pietre. E il giorno che vorrai difenderti vedrai che tante pietre in faccia prenderai! Sarà così finché vivrai. Sarà così».

Applichiamo tutto ciò alla mancata bomba d’acqua che era prevista a Roma per il 6 novembre e in conseguenza della quale il prefetto Pegoraro e il sindaco Marino hanno predisposto l’allerta meteo, chiudendo le scuole e i monumenti e consigliando ai romani di uscire di casa solo per estreme necessità. Ma la bomba non c’è stata e le fonti di informazione sono rimaste deluse e molto critiche nei confronti dei due funzionari, quasi al limite dello sfottò, colpevoli di “mettersi la cinta e le bretelle”.

Infatti più che la bomba d’acqua quella che è mancata è stata la bomba mediatica che si sarebbe compiaciuta di immagini dettagliate di allagamenti, suppellettili galleggianti, gommoni con salvatori e salvati, accuse di negligenza alle autorità e di inefficienza dei soccorsi. Invece le precauzioni prese hanno impedito gravi problemi alla viabilità e disagi alla popolazione e permesso interventi tempestivi laddove necessario, perché la pioggia è stata tanta, accompagnata da grandine e vento forte, ma le strade erano quasi sgombre di persone e di automezzi e gli addetti al controllo dei tombini, degli alberi e degli argini hanno potuto agevolmente operare.

Pare che Pegoraro e Marino nel corso della giornata siano stati visti in due punti diversi della città, mentre sotto due grandi ombrelli si difendevano da una bomba di pietre con un atteggiamento di stoica rassegnazione, memori della canzone di Antoine che forse canticchiavano quando erano ragazzi.

Ma questa è quasi sicuramente una leggenda metropolitana.

2 commenti su questo articolo:

  1. silvia scrive:

    Mentre mi aggiravo per una città stranamente vuota, insolitamente silenziosa come stesse trattenendo il respiro e come sospesa in un’atmosfera irreale di tragedia incombente mi risuonavano invece le parole di una canzone di Cocciante (che cito quasi integralmente): Piove / la terra prende un altro colore / il cielo cambia colore / e all’improvviso cade il vento / il mondo gira un po’ più lento. Piove / si squarcia il cielo e cade il mare / e ho tanta voglia di scappare, ma non c’è un posto dove andare / dove potersi riparare. Piove / e poco fa brillava il sole / ma pure il tempo è andato a male / e l’acqua sale lentamente / ed ogni strada è già un torrente. Piano piano lentamente poi la pioggia aumenterà, lo so / e chissà per quanto tempo pioverà ancora su di noi. Piove / ho l’acqua fino alla gola / ma con le braccia non si vola / e l’acqua sgretola la base / crollano già le prime case. Piove / si riempie il mondo di parole / ma non c’è un cane che si muove / la gente sta per annegare / ed io non so più che cosa dire. Ma piove, piove / ed io vorrei starmene altrove, ma non so dirti come e dove / io so soltanto che ora piove / ed io mi bagno come te. Sono solo… canzonette?

  2. Maria Vittoria scrive:

    Anch’io ho notato che certe fonti d’informazione sono rimaste deluse della mancata bomba d’acqua su Roma. Ho visto un servizio piuttosto risibile su un’emittente molto importante nel corso del quale l’inviata con palese imbarazzo descriveva le buche che si erano formate sulla via Salaria. La cronista arrivava anche a staccare numerosi pezzi di asfalto sui bordi di una buca, alcuni però le resistevano, e si offriva eroicamente agli schizzi prodotti dalle macchine di passaggio. per dimostrare il degrado della capitale.

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