ammainiamo la bandiera della disonestà

22 dicembre 2014 di: Fortunata Pace

Ci circondano banditi da ogni parte. Attrezzati su larga scala, una gran fetta di coloro che dovrebbero curare i nostri interessi di cittadini onesti, rubano a man bassa con un crescendo che poi deflagra come bomba nel cuore del paese e scrive sul libro nero il nome splendido della sua capitale. Roba da rifornire la cronaca con dettagli continui, ma nessun provvedimento che punisca i colpevoli e restituisca il mail tolto. Ci consola l’ottimo Benigni? Solo un po’ perché almeno può dire per intero ciò che anche i giornalisti più esperti masticano senza poter andare oltre, limitandosi a ricordare che molti eventi che ci danno come sorpresa, avevano avuto accenni in inchieste e interviste. Ma chi ruba, e lo fa tranquillamente, non teme i processi e ne ha ben donde, né si allarma per il posto che occupa e che gli verrà magari preservato, né deve restituire qualcuno o risarcirlo.

Non lo Stato, che non sa riprendersi la sua dignità e paga coi soldi di contribuenti, parecchi dei quali ridotti all’osso, un posto sempre più precario nel panorama europeo, non il Governo, che mostra di voler fare attenzione e correggere il tiro osservando senza superficialità o malafede la mappa di una realtà cui non potrà alla fine sfuggire. Li guardi davvero, i manager pubblici e privati ricoperti di stipendi con cui vivrebbero cento famiglie, e guardi alla utilità che davvero essi hanno per bravura, per competenza, per rigore. Qualche segnale si dia o senza timore di processi, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti, o di emarginazioni che non arrivano, la forbice dell’ingiustizia sociale, degli sprechi, dei favoritismi delle “bande” che alzano da anni la bandiera della disonestà, si allargherà sino a spezzarsi. E una parte della forbice, come un fendente colpirà di brutto.

(disegno di Gianfranco Zavalloni, ricordandolo con affetto)

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