costruttori e distruttori, di pace e altro
Leggendo su questo sito l’articolo “Orrori di fine anno” di Simona Mafai, mi sono ritrovata in molte delle emozioni e delle considerazioni espresse. Sono anch’io addolorata, amareggiata, disgustata per i tanti accadimenti e rivelazioni delle ultime settimane: e che all’orrore non sembra esserci più limite lo conferma la strage degli innocenti di Peshawar in Pakistan. L’uccisione deliberata ed efferata, da parte dei talebani, dei figli di coloro che li combattono, sembra emergere dalle nebbie di epoche lontane, da storie crudeli nascoste nelle pieghe della Storia, che volevamo dimenticare, che avevamo dimenticato. Adesso sono il presente, ed un presente vicino. Ne siamo avvolti, anche se ci sentiamo (a torto) estranei, credendoci dieci secoli più avanti.
Un’altra notizia, di segno opposto, tanto diversa da essere imparagonabile, ha fatto sprecare sui giornali l’aggettivi “storico”: la fine dell’embargo e la ripresa di normali relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba. Per chi, come me, è cresciuta in decenni segnati dalla tensione tra i due blocchi contrapposti, nel cosiddetto “equilibrio del terrore” dove ogni incidente, casuale o provocato dai tanti Stranamore in circolazione, poteva essere quello fatale che avrebbe scatenato la guerra nucleare, per chi ha marciato per la pace in anni lontani, è come se fosse calato il sipario su uno scenario ormai logoro, come se un intero periodo storico che ha coinvolto profondamente, a volte totalmente, ciascuno di noi contrassegnando lotte e contrapponendo scelte, fosse definitivamente chiuso. Di certo è un evento importante in un percorso di distensione internazionale, una tela tessuta in silenzio da papa Francesco, ma anche da Obama e dai Castro: tutti costruttori di pace. Ma altri scenari, oggi, si dipanano con altre trame, con diverse forme di terrore, non meno coinvolgenti: vi operano i distruttori, coloro che non vedono le persone negli esseri umani, percepiscono solo corpi che o appartengono loro, essendo in loro potere, o debbono essere distrutti come non–persone. Non importa sotto quale bandiera, in nome di cosa, o di chi, lo fanno: al fondo c’è sempre solo il potere dell’uomo sull’uomo, quella sete abietta che nei talebani e nei terroristi dell’Isis si traduce nelle forme più letali delle uccisioni, dello sterminio, ma che vediamo all’opera continuamente, in forme mascherate o indirette e in contesti che definiamo “civili”, come il sistema del capitalismo finanziario “selvaggio” che ha ridotto in miseria milioni di persone nel mondo.
Mi sembra che ovunque, anche nei contesti di vita e di lavoro di ciascuno, si possano distinguere i costruttori e i distruttori: c’è chi opera per il bene comune e chi per il potere personale, anche negli aspetti più meschini; c’è chi spezza i legami tra le persone e chi invece li fa crescere. Possiamo essere l’uno o l’altro. Anche per questo, e partendo da questo, la storia siamo noi.