cronaca di un femminicidio annunciato

7 dicembre 2014 di: Rossella Caleca

Non avendo (ancora) un profilo su Facebook, molto di quel che passa nel meraviglioso mondo dei social network mi sfugge, se non è riportato da altri media. Così è solo leggendo un articolo su La Repubblica del 2 dicembre che sono venuta a conoscenza di un crimine che rivela nel modo più crudo come le nuove tecnologie possano essere (anche) uno schermo su cui si proiettano pulsioni aberranti.

Si tratta, ancora una volta, di un femminicidio, di un’altra storia di ordinaria violenza, uno di quegli assassinii trisettimanali relegati ormai, per la loro frequenza, nelle ultime pagine di cronaca. Ancora una volta un ex marito non riesce ad accettare la separazione voluta dalla moglie, ancora una volta il rancore coagula in odio ed esplode nella violenza, ma stavolta la guerra è illustrata su Facebook, messaggi ostili scorrono in crescendo sul web, con amici, parenti ed estranei a commentare parteggiando per l’uno o per l’altra, finché le minacce divengono una feroce realtà. Un’altra morte annunciata, e ad un vasto pubblico: e non è una metafora, perché l’assassino, compiuto il delitto, lo ha rivelato sul suo profilo in tempo reale, con un ultimo messaggio trionfante, completo di insulto finale.

Già a questo punto vengono i brividi, ma il seguito è ancora peggiore, la ragione si perde in un buco nero che ingloba non uno, ma molti “io”, divenuti in rete un’identità collettiva: all’annuncio in diretta hanno fatto seguito 308 “mi piace”. Ed è stato appurato che solo pochi lo hanno inviato prima che l’assassino fosse arrestato e la notizia del crimine fosse confermata da altri media: ben 265 “likes” sono stati apposti da persone che sapevano che il messaggio corrispondeva a realtà.

Mi chiedo se le forze dell’ordine potrebbero rintracciare costoro, se esiste la possibilità di incriminarli per apologia di reato. Forse no. Ma mi piacerebbe tanto vederli far compagnia al loro eroe in galera.

In una sola cosa dissento da Gabriele Romagnoli, l’autore dell’articolo da cui ho appreso la notizia: per me segnare quel “like” non è stato «un gesto da scimmia in laboratorio» dovuto all’«assenza di mediazione (che) è caratteristica del giudizio emesso in Rete» per cui «si reagisce con un istinto primitivo e, quindi, più bestiale che umano». Ciò che mi angoscia è che, secondo me, chi ha postato “like” non è un animale: è umano, troppo umano. Umano come quegli umani che un tempo godevano nel vedere gladiatori combattere fino alla morte, con lo stesso istinto primitivo di quelli che si affollavano davanti ai supplizi, alle esecuzioni capitali, che irridevano alle vittime squartate, bruciate vive, chiunque fossero: purché fossero deboli, vinte, e, loro, dalla parte giusta, quella dei forti: dalla parte dei carnefici.

E’ terribile vedere che tra gli uomini del nostro tempo ci sono ancora “quelli della pietra e della fionda”. E sono tanti.

2 commenti su questo articolo:

  1. magda scrive:

    Quegli umani che un tempo godevano nel vedere gladiatori combattere fino alla morte, quelli che si affollavano davanti ai supplizi, alle esecuzioni capitali, che irridevano alle vittime squartate, bruciate vive, chiunque fossero: purché deboli, vinte, e, loro, dalla parte giusta, quella dei forti: dalla parte dei carnefici sono tanti…..sono quelli che conducono e propongono il pomeriggio televisivo con immagini “esclusive”, con tutti i dettagli dei crimini, i particolari truculenti e raccapriccianti.
    Condivido quanto detto dall’autrice dell’articolo

  2. Ornella Papitto scrive:

    “Condivido” ciò che ha scritto Magda.
    Rossella, un articolo che induce alla riflessione profonda. Ci provo.
    I mezzi di comunicazione di massa, si chiamano così proprio perché si rivolgono alla massa, spesso indistinta e certamente non “distinta”.
    Faccio sempre la distinzione tra strumento “tv, Facebook, twetter, giornali, ecc. ecc.” e chi lo usa. Sono semplici strumenti inanimati ma chi li anima sono le persone e quindi, non possiamo confondere lo strumento con il soggetto. Con chi li maneggia.
    Spesso facciamo la confusione che l’essere umano sia anche umano. Mi dispiace ma non è così.
    Quei 308 privi di umanità, di intelletto, di Ragione, sono disumani, come tutte persone che godono a veder soffrire gli altri.
    Proprio ieri scrivevo su FB a una FB-amica, che deve sopportare la cattiveria dei suoi colleghi che i “bruti” devono la loro esistenza alle persone sensibili, non “buone” perché eccessivamente connotato religiosamente. La vita è andata avanti grazie alle persone sensibili non ai “bruti”. Se fosse stato per loro nessuno adesso esisterebbe e quindi i bruti devono a noi la loro vita, che hanno trasformato, volontariamente a brutale esistenza. Si assumano le responsabilità del loro fallimento esistenziale.
    E inoltre, ci sono debitori.

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