dove è finito il lupo cattivo?

11 dicembre 2014 di: Silvana Fernandez

Dove è finito il cattivo, la cattiva delle lambrosiane definizioni? Quelli/e cui una fronte bassa, un mento prominente segnavano un destino pesante da portarsi dietro in una vita che sarebbe stata, sicuramente, costellata di crimini. Dove è finito l’uomo nero che spaventava i bambini a tal punto che, diventati adulti, solo una psicanalisi del profondo sarebbe stata l’unica soluzione per liberarli da simili paure. Le favole parlavano di streghe cattive, di orchi, di lupi che occhieggiavano dai libri per l’infanzia con i loro orridi aspetti, ben diversi da quelli delle fatine salvatrici, dei principi azzurri. Anche nelle immaginette della prima comunione, sotto il volto di Gesù bambino, vi erano disegnati orrendi dannati fra le fiamme, cacciati all’inferno da tubanti angioletti.

Il male e il bene avevano una fisionomia diversa, anzi differenziata al massimo, eppure l’aggressività non era così impellente, disruttiva e giornaliera come in questo scorcio di secolo che si fa più buio ogni giorno. Abbiamo condannato Lombroso per schematismi che ci apparivano come un truce razzismo, ora però io personalmente comincio a rimpiangerlo. Proprio in questo pazzo secolo, in cui un’industria americana produce rifugi contro gli zombi, dotati di tutti i comfort, escono film e pubblicazioni su come difendersi dai vampiri, senza cogliere il profondo cambiamento che invece si è introdotto nell’umanità. Infatti, che vale avere paura dell’uomo nero? Perché insegnare ai bambini a non seguire l’orco cattivo, o a mettere croci davanti agli esseri umani dai denti un po’ aguzzi? Quello che dovremmo cominciare a fare è ascoltare le voci e le descrizioni di chi è stato vicino a noi per anni, con occhi limpidi e sorriso sincero perché questo è il nuovo omicida o l’attuale torturatore. Intorno a qualunque scena del delitto, come funghi, sorgono e si accalcano fra parenti e vicini di casa, fotoreporter e giornalisti per chiedere che tipo fosse colui o colei che, un momento prima, ha ucciso moglie o marito o figli o madri. «Chi l’avrebbe mai detto» è l’unica risposta corale, «era un tipo o una tipa normale, chi l’avrebbe mai detto…!». Eppure le sue vittime straziate dimostrano che di normale non doveva esserci proprio niente, in quella persona. Dov’è l’errore? Forse in noi che, così coinvolti in una vita convulsa, non sappiamo più comprendere né da gesti né da parole, i messaggi che manda un disturbo mentale. O forse è il prossimo che ci passa vicino tatuato, con tanti piercing fra labbra e orecchie, spesso con i capelli a cresta di gallo a farci perdere l’idea del normale.

In verità vorrei che un nuovo Lombroso ci ridisegnasse le mappe facciali che indicano crudeltà ed efferatezza per non vedere più i genitori dei compagni di Loris, ultimo bambino ucciso, cercare di spiegare che non importa avere paura dell’orco ma piuttosto di quella donna, descritta naturalmente normale, dai tratti leggeri, i capelli fini e sciolti, che ha urlato per giorni per la perdita del loro compagnetto Loris perché era la sua mamma, ma era anche, probabilmente, la sua assassina. E che bisogna avere pietà perché, risalendo nel tempo, anche lei forse da bambina era stata ferita a morte.

3 commenti su questo articolo:

  1. Micol scrive:

    Cara Silvana ti ho cercato per due mesi in un tuo articolo non ho trovato mai il tuo nome, oggi sono contenta di ritrovarti, di ritrovare il tuo spirito leggero anche nei discorsi profondi e ricordare le lunghe discussioni di quell’estate, un bacio e l’augurio di una buona vita.

  2. brunetta scrive:

    La mano leggera di Silvana è pesantissima: ma come mai nessuno si accorge, in questi delitti efferati che qualcosa sta per scoppiare nella casa accanto, certo queste persone devono aver lanciato dei messaggi prima di fare uscire questa terribile aggressività, sono sicura, ma nessuno bada più all’altro. siamo chiusi in una terribile corazza di indifferenza!

  3. Antonio scrive:

    Questo articolo centra in pieno il mio pensiero, è impossibile che nessuno si accorga di disturbi così vistosi che degenerano in terribili delitti a volte in stragi, la verità è che nessuno di noi si accorge dell’esistenza degli altri dunque basta definire tutti normali per assolvere se stessi dalla propria indifferente alienazione.

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