il Diario di Letizia
La fotografa Letizia Battaglia è personaggio pubblico di fama, già da soli i prestigiosi premi vinti la collocano nel tempio delle personalità di cui si fa il nome con stupefatta deferenza: è la fotografa siciliana che ha ripreso le più truculente scene di “ammazzatine” nella Palermo nera del sangue dei morti per mafia, che ha scavato nelle miserie dei quartieri popolari per farne emergere minute innocenze, che ha gridato violenti anatemi in bianco e nero contro ogni violenza e ingiustizia e sopraffazione, che ha espresso con immagini di energica crudezza tutta la rabbia e tutto l’amore per una terra, la Sicilia delle infinite contraddizioni, benedetta dalla natura e maledetta dai suoi stessi ignavi abitanti.
La donna Letizia Battaglia è poi altro ancora, è madre e nonna affettuosa e premurosa in privato ed è nel pubblico un fiume di energia che mai ha smesso di generare attività, invenzioni, creazioni, iniziative, idee, progetti, manufatti, passioni politiche e adesioni totali e incondizionate a ideali e persone che le incarnano, che l’avvia verso posizioni convinte e indiscutibili in ciò in cui crede e si riconosce, sempre partendo dal suo lavoro che si è vestito via via di femminismo e ambientalismo – cui aderì totalmente in tempi ancora acerbi di consapevolezza convinta e diffusa – e che la porta a dare voce ai “soggetti deboli”, la natura e le donne, cui neppure la sinistra progressista si sognò ai tempi di dare voce e ora chissà. Raccogliendo attorno a sé giovani e meno giovani, uomini e donne che, negli anni settanta e ancora nei novanta, contavano sulla costruzione di un futuro più equo e sostenibile, inventa prima Grandevù e poi Mezzocielo, specialissime testate di cultura ambientale la prima e di politica cultura e ambiente la seconda che – senza falsa modestia, avendo fatto parte di entrambe sin dalla nascita – qualche segno hanno lasciato nel panorama della pubblicistica locale se non altro per l’insolita particolarità di essere “fatta dal basso”, quindi autonoma e autofinanziata.
Lungi da me l’idea di farne un “santino” celebrando le innumerevoli sue vite pubbliche e private, nei ruoli ricoperti di assessore e deputato regionale e militante di sinistra e sodale di ribollenti movimenti e compagnie contestatarie, ma a Letizia è sicuro che molti dobbiamo molto, di sicuro la città per la passione civile che ha riversato nell’attività di assessore all’ambiente ai tempi della prima sindacatura Orlando; quindi le donne, per la caparbietà con cui ancora oggi, prossima ad un importante compleanno che festeggia con un Diario della sua vita di donna e professionista, convince tutte noi a mantenere attivo quello “spazio di libertà” chiamato Mezzocielo, che dal 1991 prova a intercettare tracce del disagio e delle aspettative dell’universo femminile.
Auguri, Leti, anche se qualche volta non condividiamo le stesse idee, ti vogliamo un antico bene.
Il Diario di Letizia Battaglia sarà presentato venerdì 5 dicembre alle 18,00 alla libreria Modusvivendi.
Ricordo bene il momento in cui ti conobbi, grazie ad un’amica comune che ha lavorato per te come modella e come fotografa. Un giorno di molti anni fa, questa nostra amica tirò fuori dalla sua carpetta una serie di fotografie tue, forse risalenti ai primi anni del cambiamento da tutti identificato con la Rete di Leoluca Orlando. Quelle foto ritraevano l’Italia in rovina e in una in particolare la mia amica posava su un divano rotto con attorno rifiuti, in un boschetto. Credo proprio di ricordarla bene quella fotografia e di ricordarla per motivi che poco hanno a che fare con la denunzia, con la mafia e con la Sicilia saccheggiata. All’epoca ero molto più giovane e schiacciata dai mille complessi che scaturiscono dal non trovarsi in sintonia con il modello di perfezione estetica che la pubblicità propone. Per me la bellezza era quella dei manifesti e degli spot e poco altro. Mi sentivo quindi irrimediabilmente esclusa da questo mondo fatto di misure e forme che non si potevano eludere. Quando vidi quella foto, la bellezza mi si rivelò come una costruzione alla quale era possibile accedere per mille vie. Avevi assemblato una serie di elementi forse brutti di per sè, che la tua visione aveva però reso un bellissimo insieme.
A questo motivo forse stupido, al fatto che hai dato un calcio a tutti i miei timori e alle frustrazioni aprendomi un’altra porta, devo il profondo rispetto che nutro nei tuoi confronti. E’ per la mia personale “rivoluzione” che ti reputo una grandissima fotografa e non mi sento di aggiungere altro, se non i miei più cari auguri.