il racconto: una voce alla radio planetaria

16 dicembre 2014 di: Marcella Geraci

In un giorno normale come tanti nel mondo, una donna era riuscita ad impossessarsi delle radio dell’intero pianeta per cinque minuti, e chi tentava di cambiare frequenza rimaneva malissimo. Era difficile per la nostra amica decidere cosa dire e l’occasione troppo importante per essere buttata via. Dietro ogni radio c’era una persona che ascoltava per mille motivi. C’era la nostalgia di Alì, che veniva dal Marocco ma viveva da anni in Italia e c’era il cuore di Marta, che dedicava una canzone al tizio suo coetaneo, di cui era (o credeva di essere) innamorata. I timori di Mercedes, settantenne di Buenos Aires che ascoltava il radiogiornale tutti i giorni, chiedendosi come sarebbe finita in quel suo paese scosso dalla crisi economica. E ancora John, il re dei tassisti di New York che sperava nella musica per non addormentarsi alla guida nelle notti in cui era più stanco. E Serge, che lottava contro il cancro in un ospedale di Parigi, Flavour, lavoratrice del sesso che si attaccava alle note sparate dalle radio dei suoi clienti per accarezzare un’anima che in tanti volevano toglierle. E Steve in carcere, Fabio nell’ufficio di una grande azienda, Mara con una dose di coca, Deng per sapere se gli studenti di Pechino avrebbero goduto della solidarietà internazionale. E c’era chi rideva, ballava, cantava sotto la doccia, ascoltava attento o friggeva patate, puliva casa, ricordava gli anni migliori, tradiva il marito o la moglie, studiava, piangeva, leggeva libri, amava, chiacchierava, rubava, gridava, oziava o lavorava a suon di radio.

Se raggiungere contemporaneamente Londra, Pechino e l’Antartide era diventata una bazzecola, toccare all’unisono i 7,2 miliardi di cuori che battevano sulla terra per la nostra amica rimaneva difficilissimo. La nostalgia di Alì, l’amore di Marta, i timori di Mercedes, la stanchezza di John, la debolezza di Serge, la tristezza di Flavour. E l’odio, la rabbia, le frustrazioni, la passione, i desideri di vendetta, la tenerezza, l’orgoglio e mille altri stati d’animo, uno per ogni persona che in quella infinitesima frazione di tempo l’avrebbe ascoltata. No, la nostra amica non poteva proprio sprecare quei cinque minuti con delle sciocchezze, dovevano essere cose importanti e dette in modo da arrivare al cuore di ognuno. Improvvisamente si avvicinò al microfono e, muovendosi di scatto, girò la manopola di quel suo complicatissimo e misterioso marchingegno. C’erano voluti anni per costruirlo, migliaia di tentativi andati a vuoto e notti in bianco per arrivare a quel momento e ora non doveva fare altro che schiarire la gola e assumere il tono di chi vuole bene. La nostra amica voleva far sentire a tutti i suoi ascoltatori ciò che ormai avevano sepolto sotto strati di ansia, aspettative, paranoie, frustrazioni. Per un attimo la sua voce sarebbe stata il ricordo del loro coraggio, il gusto della cioccolata nei momenti tristi. La sua voce sarebbe stata la loro forza nel camminare a stento, la gioia di ballare, l’orgoglio del non accettare scuse e la bellezza di uno sguardo che sogna. La sua voce avrebbe acceso tutte le voci interiori che si erano spente o che facevano fatica a sintonizzarsi con le miserie quotidiane di una realtà che le sopprimeva.

Per questo le sue parole erano importanti e lo erano così tanto che nessuno mai fu in grado di ricordare quel che la donna disse in quella circostanza. Qualche volta però qualcuno alza lo sguardo per cercare qualcosa, davvero un bel risultato per la nostra amica. La sua più grande vittoria.

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