“Arturo e il Supercanguro” da La Stampa del 22.01.15
Provo a mettermi nei panni di una persona non particolarmente interessata al racconto del potere (chiunque faccia un mestiere diverso dal politico o dal giornalista). Questa persona, chiamiamola Arturo, accende il computer sul lavoro, se ne ha ancora uno, e in tutti i principali siti di informazione trova scritto a caratteri cubitali: «Italicum, sì al Supercanguro». Immagino che Arturo oscillerà tra perplessità e smarrimento. Chi è Italicum? Ed è davvero tanto importante che abbia detto sì al Supercanguro? La sera, tornato in famiglia, se ne ha ancora una, compulsa freneticamente i telegiornali e vede occhi torti e volti disfatti che si insultano come al solito ma con insolita partecipazione emotiva, come se stavolta si trattasse veramente di vita o di morte. Arturo apprende che Italicum è un mostro mutante. E infatti ha appena cambiato nome, diventando Espositum. «Espositum!», ripetono voci ansiose dentro lo schermo. «Gotor!», gridano altre, e con ogni probabilità deve trattarsi di un manga giapponese o di un’esclamazione sacra, pronunciata in una lingua della Terra di mezzo nota soltanto a Tolkien. Arturo è scosso soprattutto dal sovraffollamento degli scranni parlamentari. Quando si discuteva di terrorismo o disoccupazione erano desolatamente vuoti, mentre per il Supercanguro c’è il pienone. Com’è potuto accadere? L’illuminazione gli arriva durante il monologo di un sottosegretario: e se il Supercanguro fosse il marito della Supercazzola?
Proprio così, Arturo, e purtroppo hanno fatto molti figli.