io non sono solo Charlie

12 gennaio 2015 di: Marina Gasperini

Sull’orrore dell’eccidio dei giornalisti di Charlie Hebdo tutto è stato detto e scritto, e anche di più. Poco, invece, si è parlato dei due poliziotti uccisi nella stessa occasione. E oggi, nella soddisfazione dell’uccisione dei terroristi, si dimentica che sono morti anche quattro ostaggi. Certo, siamo tutti sotto choc, perché è stato perpetrato un ignobile attentato contro uno dei valori fondanti della nostra civiltà, la libertà d’espressione.

L’espressione del giornale in questione consisteva in una satira “pura e dura”, spesso scatologica, irriverente, anarchica, pronta ad urtare la sensibilità di credenti e non credenti. Questo perché nella nostra società occidentale, ognuno deve essere libero di esprimere come vuole la propria indignazione o collera, fosse anche solamente per denunciare, senz’alcuna critica costruttiva. Dunque, onore ai giornalisti morti per aver scelto la provocazione come arma di protesta, perfettamente coscienti dei rischi in cui incorrevano.

Ma prima della libertà d’espressione, o insieme a, viene la libertà di vivere. Viene allora da chiedere a tutti gli Charlie scesi in piazza come mai non abbiano mai manifestato la loro solidarietà alle pacifiche popolazioni africane, massacrate dai gruppi islamisti soltanto perché non professavano la loro religione. Il 3 gennaio scorso, circa 2000 persone sono state barbaramente uccise da Boko Haram in Nigeria, dove la città di Baga e le località circostanti sono state completamente distrutte. Ma l’Africa é lontana.

4 commenti su questo articolo:

  1. Silvana scrive:

    Ecco Marina quello che ancora gli occidentali non riescono a capire: l’Africa è vicina anzi vicinissima, tutto il mondo è alla portata di tutti. La manifestazione di ieri ha dato un’esempio: il presidente del Mali era accanto a Hollande, vicino al re di Giordania, al capo di stato palestinese a quello israeliano, solo 10 anni fa ci sarebbero voluti giorni e giorni prima di raggiungere tutti insieme una meta, allora si noi siamo Charlie ma siamo anche tutto il mondo.

    • Marina scrive:

      E dopo questa bella manifestazione, che succederà?

      Lo stato francese si porrà la domanda di cosa spinga i giovani nelle braccia del terrorismo? Metterà in questione la politica sociale inesistente nella periferia, i famosi quartieri sensibili, dove i giovani sono abbandonati al loro destino, dove non si investe, dove non si integra, dove non si discute?

      I francesi , e tutti gli altri capiranno infine che la libertà d’espressione non dev’essere a geometria variabile?

      Qunado dico che non sono Charlie è per provocare la riflessione, il dibattito, al di là dell’emozione immediata e spero di non essere stata fraintesa.

  2. Ornella Papitto scrive:

    Nulla è mai come prima.

  3. Clara scrive:

    Non penso che la riflessione di Marina possa essere fraintesa, perchè supera l’immediata adesione, dettata anche dall’emotività, e va a cercare onestamente risposte a domande complesse. Se l’esercizio della libertà di espressione si esplica soprattutto nel rispetto dei limiti determinati dalle idee e dalle convinzioni degli altri, esistono dunque dei limiti che non devono essere superati, perchè allora non è più libertà ma sopraffazione. Altra questione: ciò che accade di terribile in Occidente ha una ripercussione tale che ciò che accade nel resto del mondo, anche con perdite umane dai numeri sconvolgenti, passa in secondo piano e non merita manifestazioni e proteste.

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