la parola alla poesia
Ricevo dall’amico Sergio Staino la seguente mail, con una riflessione di Vinicio Capossela sull’eccidio di Charlie Hebdo e una sua vignetta. Poiché trovo molto belle entrambe, senza permesso degli autori ve ne rendo partecipi, nella convinzione che la poesia e la piètas non conoscano confini.
«Amici, fra i tanti commenti alla strage di Charlie Hebdo raccolgo questa riflessione che mi ha inviato Vinicio Capossela. Ve la inoltro senza la sua autorizzazione perché mi sembra particolarmente poetica e profonda. Vi aggiungo una mia vignetta dedicata all’amico Wolinski. Ciao, Sergio»
«Ieri , alla fine delle dodici notti , il tempo fuori dal tempo del passaggio, questo attentato… questa azione di guerra in territorio di idee… un commando…commando? …queste pesanti figure di uomini neri con artiglieria pesante che entrano, non oltre un reticolato, non contro altri uomini armati, ma dentro una stanza piena di disegni. C’è qualcosa nel disegno che tiene viva la nostra innocenza. Tanto più nel disegno satirico. Gli uomini cessano di essere orribili, prepotenti, arroganti, e diventano piccole, ridicole, caricature. É il mondo delle idee.
Matite e artiglieria pesante, e questa inimmaginabile scena della carneficina, che fa strage delle idee. Come entrare in una stanza di ricreazione e uccidere l’infanzia.
Disegnare è la prima cosa che impariamo a fare, il primo gioco. Il primo gioco dall’inizio…Dalle grotte di Altamira, di Lescaux… La prima volta che l’uomo si è sollevato dal suo stato bestiale e ha fatto qualcosa di inutile. Qualcosa che lo sottraeva alla lotta per la sopravvivenza. Insieme all’arte ha inventato il gioco. Qui non si può più giocare.
Armi pesanti. Inseguimenti. Esecuzioni. L’orrore.
“Se non ci fosse il Paradiso – dice il mio amico Armando Testadiuccello- non ci sarebbero guerre.” Fare della Terra un inferno certo, in nome di un Paradiso incerto è quello che l’umanità ha sempre fatto, spesso in nome delle religioni. Non facciamoci tirare in mezzo da queste pulsioni. Qui Allah, Dio Padre Onnipotente, Jahvè, non c’entrano nulla. Se una forza creatrice c’è, un’armonia nascosta e incomprensibile, un po’ di sputo divino impastato nel fango, qui non c’entra.
Questo è solo l’uomo. Capace di cose alte e grandi e capace dell’orrore. Capace di impugnare una matita per giocare o un’arma pesante per uccidere.
É una lotta che vale la pena di essere combattuta, quella di poter scegliere la matita. Teniamo a cura la nostra capacità di giudizio. Ci è costata l’uscita dal Paradiso. Il giudizio sommario è quasi parente dell’esecuzione sommaria». V.
8 gennaio 2015
E’ così, in nome di dio si fanno guerre, eccidi, si crea potere, sottomissioni. Dio diventa una menzogna, inganno. Il più grande mascheramento dell’orrore, dell’ignavia dell’uomo. Mettere al centro della vita l’orrore è la più grande disfatta dell’uomo.