La pena di morte, un assassinio legalizzato

13 gennaio 2015 di: Stefania Di Filippo

Esiste una linea sottile, una linea poco definita, una linea che è facile oltrepassare, la linea che esiste tra l’essere vittima e diventare carnefice. In questi giorni si è tanto parlato di libertà di parola, di difenderla, di conservarla, di salvaguardarla, di salvaguardare anche coloro i quali, pensando di difendere un ideale, ne distruggono altri mille. Si sta parlando di quelli che hanno cambiato le loro immagini di profilo, copertina, hanno scritto tweet di solidarietà ai francesi ma che hanno, contestualmente, messo nero su bianco, grazie alla libertà di espressione a noi tutti tanto cara, che i musulmani andrebbero uccisi, riportati nei loro Stati e nei casi estremi, abbiano anche richiamato alla memoria e alla vita, se pur ideologicamente, Hitler e compari, per rimproverarli di “essersela presa con la razza sbagliata”. Alcuni hanno anche tirato in ballo la pena di morte, come se l’omicidio leggittimato dalla giurisprudenza renda migliori coloro i quali lo perpetrano. Non credete che, prima di parlare, bisognerebbe informarsi un po’ di più? In modo tale da sapere, che il poliziotto ucciso durante l’attacco alla redazione di Charlie Hebdo era musulmano e si era integrato benissimo nella società parigina, in modo che non si dica più che gli attentatori dovevano “tornarsene a casa loro”, perché a casa loro c’erano già, essendo francoalgerini? In modo tale da sapere che molti europei si sono convertiti ed hanno abbracciato una fede diversa, una causa diversa, riprovevole a prescindere dalla religione o dalla nazionalità, di coloro i quali la portano avanti. In modo tale da difendere la libertà d’espressione senza distruggere quella alla vita, perché in questi giorni si sono biasimati i fatti ed i protagonisti, non le credenze e le cittadinanze. Il punto focale e quello che deve tenersi a mente è che togliere la vita a qualcuno, qualsiasi cosa egli abbia fatto, detto, pensato, scritto, diffuso è sbagliato, è un atto da condannare, sia che esso sia affidato alla mano di un terrorista, sia che esso sia affidato ad un qualsiasi boia, ad una qualsiasi istituzione governativa e giuridica, che si arroga il diritto di togliere la vita, ad un altro essere umano.

8 commenti su questo articolo:

  1. labbe scrive:

    Come sempre un piacere condividere i tuoi scritti.
    sempre sensibile e attenta!
    Grande Stefania

  2. virginia scrive:

    Un giusto attacco serio e ben puntualizzato contro la pena di morte. Mi è piaciuto anche il disegno

  3. Mariapia scrive:

    Brava Stefania! Hai scritto in modo “cristiano” e senza rancore.
    Credo che coloro che parlino ancora di pena di morte lo fanno perché stufi di tutte le ingiustizie. Sono le pene lievi e quasi inesistenti che dai piani alti danno ad assassini/pedofili/stupratori a suscitare nella gente tanto astio, un astio che nasce dalla paura e dalla rabbia che se qualcosa dovesse colpire noi, la giustizia non farebbe il suo giusto corso. :)

  4. Daniele scrive:

    Concordo su tutto Stefania. Bisogna combattere ancora tanto per cercare di debellare questa violazione di un diritto umano sacrosanto come quello della vita, dato che sono ancora molti i Paesi che applicano questa tremenda usanza. Bisogna anche lavorare per combattere quest’ideologia sbagliata che può portare ad esternazioni come quelle della Le Pen.
    Bell’articolo !

  5. Matteo scrive:

    Concordo pienamente! spesso si tende a generalizzare troppo nelle situazioni, giusto focalizzare l’attenzione sul fatto che togliere la vita ad una persona è sbagliato e condannabile, sempre.

  6. Carlo scrive:

    C’erano persone che viaggiando sui primi treni ricordavano con nostalgia le carrozze con i cavalli e ne auspicavano il ritorno. Quando poi un treno deragliava sorridevano contenti per il numero di vittime e facevano proclami e invitavano le persone a non salire più sui treni e a preferire i cavalli per i lunghi spostamenti. Poverini… Quante battaglie inutili si sono fatte nel corso della storia. E quante se ne continuano a fare. Ci sono processi di cambiamenti lunghi e dolorosi, ma che una volta avvenuti non fanno retromarcia. La pena di morte una volta abolita non verrà mai reintrodotta. Parlarne diventa un esercizio del pensiero e si rischia di cadere nel ridicolo proprio come chi, seduto comodamente su di un treno, crede sia meglio reintrodurre i calessi!

  7. Maria scrive:

    Mi sento molto vicina a ciò che hai scritto,per altro con abile diplomazia…
    Concordo pienamente e su tutti i fronti
    Vorrei aggiungere,senza buonismo di fondo di cui si è parlato,che oggi ci indignano e alziamo le penne per l’attacco al giornale parigino,dovremmo però,allo stesso tempo,storcere il naso e di più quando,per perseguire fino meramente economici il mondo bombarda paesi come la Siria mietendo vite di bambini innocenti.
    Tutti coloro i quali si sono fortemente e giustamente indignati per la strage di Charlie,devono allo stesso modo prendere coscienza di quanto accade nel mondo perché è troppo comodo scrivere #jesuischarlie quando nessuno ti punta un’arma contro..

  8. Elisabetta scrive:

    Concordo su tutto! Condannare a morte una persona commettendo, in qualità di Stato, un crimine a tutti gli effetti è aberrante!

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