Una riflessione a puntate. Culture e civiltà plurali, ma non immodificabili

14 gennaio 2015 di: Simona Mafai

Vorrei ordinare, un po’ per volta,  alcune idee sul significato (e le prospettive) dei tragici eventi di queste settimane,  a Parigi e non solo. Tenterò di illustrarne qualcuna, tornando alle successive nelle prossime settimane.

Dal terzo millennio viviamo in un mondo unico, le cui differenze – un tempo  esaminate con sapienza antropologica, ma poi ricollocate ciascuna nei propri territori – convivono oggi in ogni luogo e  ad ogni livello: dal palazzo di vetro  dell’ONU alla bottega etnica sotto casa. Confronti, contrasti, polemiche sono all’ordine del giorno: e in fondo è naturale..

Ma  queste civiltà e culture diverse, che ormai convivono negli stessi spazi, sono immobili ed immutabili oppure si influenzano reciprocamente (io ritengo positivo che ciò avvenga), giungendo anche a modificarsi, finendo con l’assomigliare di più una all’altra?

E ancora: esistono dei valori che possono affermarsi come universali, attraversando e coinvolgendo tutte le culture, senza venir giudicati frutti  di un colonialismo prevaricatore?

La civiltà di cui noi (Italia) ci sentiamo parte e che si è si è modificata col tempo (noi donne abbiamo contribuito moltissimo a modificarla negli ultimi anni)  sembra includere elementi che possono essere considerati “universali”,  e quindi essere accolti e fatti propri anche dalle altre civiltà e culture. L’ONU tenta di individuare alcuni di questi elementi:  la libertà delle donne, il controllo delle nascite, il diritto allo studio dell’infanzia, il divieto del lavoro minorile, la libertà di parola, la partecipazione alla scelta dei propri governanti attraverso il voto individuale e segreto di uomini e donne.

Ma non tutti la pensano così. Altre culture, o loro minoranze, considerano questi principii non valori universali, ma escrescenze di una “cultura occidentale”, che vuole imporre a tutto il mondo i suoi valori.  Che devono essere combattuti.

L’orrendo gruppo politico-militare che fa strage in Nigeria, si chiama Boko Haran – che pare significhi  “No alla cultura, no all’occidente”.

Pericoloso e tragico il crocevia davanti a cui si trovano le popolazioni di alcuni di questi paesi.

1 commento su questo articolo:

  1. Stefania Di Filippo scrive:

    Questo articolo mi ha fatto pensare molto a due cose. La prima è una nozione universitaria, essendomi laureata in Filosofia, ho studiato il pensiero di Aristotele sulla differenza che intercorre tra gli uomini e gli animali, ossia quella per la quale, l’animale reagisce d’istinto e l’uomo attraverso i criteri di giusto o sbagliato, conseguenza di quello che è il desiderio ragionato, che contraddistingue l’essere umano e, conseguentemente, alla seconda che è una nozione di psicologia costruttivista, la quale afferma che non esiste una realtà oggettiva, al di fuori di quella che ognuno crea a propria discrezione. Non avendo giudici super partes, credo venga difficile capire cosa sia un valore universale, di sicuro, lo è la libertà alla vita e a viverla come si vuole e allora perché dovrebbe essere imposto un modo di vivere “occidentale” alle popolazioni che non lo sono? Non sto dicendo che condivido, per esempio, il ruolo delle donne nelle civiltà islamiche o come queste siano trattate, sto semplicemente dicendo, che il problema, non è forse, tanto il caso specifico, ma quello più generale di capire che la domanda da porci prima di rispondere al quesito “Quali sono i valori universali?” sarebbe “Rispetto a chi?”

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