L’AMACA da “La Repubblica” del 19/02/2015
CHI ha visto in tivù il filmone sulla tratta dei neri “Dodici anni schiavo”, un po’ oleografico ma molto intenso, ha potuto fare memoria del cumulo di atrocità, violenza e dolore sul quale, fino a meno di due secoli fa, si sono rette l’economia di Europa e America, nonché del pianeta intero. Dico questo non tanto per dare la stura a un senso di colpa che non è mai buon consigliere e per giunta non riguarda noi figli dei figli dei figli. Ma perché l’uso del terrore come strumento di dominio è antico come tutte o quasi le società umane: cristiane, musulmane, induiste o altro. A fare eccezione, rispetto alla norma ferina, non è dunque il recente rinfocolarsi delle pratiche di sterminio e di tortura; è, semmai, la loro cessazione, almeno nei paesi europei (a parte la carneficina post-jugoslava) per quasi settant’anni.
L’eccezione sono la pace e la libertà nelle quali abbiamo avuto l’incommensurabile fortuna di vivere, vedere nascere i nostri figli e salutare i nostri genitori. La pace — come l’amore liberamente scelto, come la libertà di religione — è una conquista della civilizzazione, una novità moderna. Al cospetto della comune storia barbarica del genere umano, sono princìpi rari, preziosi e fragili, e proprio per questo tocca battersi per difenderli.