lettera infuriata contro le minacce di guerra

16 febbraio 2015 di: Angela Lanza

Care amiche del Coordinamento antiviolenza, sono furibonda – tanto per usare una parola blanda – per quanto sta succedendo nel Mediterraneo, sia per quanto riguarda Lampedusa-migranti, sia per l’altra riva: la Libia. Che un governo assolutamente impreparato, da sempre colluso con poteri forti, e verso una deriva sempre meno democratica, ci porti a questi risultati senza che noi alziamo un dito è una cosa inaccettabile. Non importa se siamo poche, se siamo in una periferia che rischia sempre più di essere teatro di una guerra (vedi Muos) dobbiamo almeno dire che ci opponiamo, che tutto questo modo di intendere la politica e quindi le sue conseguenze passa senza la nostra volontà. Anche se lo abbiamo detto tante volte,  dobbiamo dirlo di nuovo.

La guerra è soprattutto una violenza contro le donne che non l’hanno voluta, che vengono stuprate e schiavizzate, che se fossero al governo troverebbero sempre altre soluzioni per i conflitti.

Vorrei ricordare la presidente del consiglio polacca, Ewa Kopacz, 58 anni medico di formazione, appena nominata alla domanda che riguardava la guerra in Ucraina risponde: «Io, prima di tutto sono donna. E in quanto donna nelle situazioni di violenza reagisco diversamente dai maschi. Penso a proteggere i figli, la famiglia, la casa e non a uscire in strada a cercare un bastone più lungo di quello del mio nemico».

Anche io penso che un coordinamento antiviolenza, ma anche ogni singola donna si debba fare carico adesso per prima cosa di quanto sta succedendo. Non importa se troppo tardi, se troppo presto ecc…

La Storia non deve passare sempre sopra le nostre teste.

11 commenti su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    Angela, ti ringrazio per ciò che hai scritto. Stai dando voce anche a me, pacifista ma non pacifica. Dobbiamo assolutamente mobilitarci ma non perché siamo il loro obiettivo ma per senso civico e civile. Mi metterò in contatto con il Coordinamento. Non ho voglia né di subire dai nostri politici e né di sottomettermi a questi barbari dell’Isis.

    • angela lanza scrive:

      Cara ti ringrazio per la tua risposta.Lo scambio di idee e di emozioni è fondamentale. Dovremmo sollecitare la risposta di
      molte altre in rete per trovare forme in cui diciamo quello che è il nostro pensiero e ci opponiamo a quanto succede. Questo me lo ha suggerito anche una giovane donna che è venuta a trovarmi oggi.
      Angela

  2. Sonia scrive:

    Ogni donna dovrebbe scrivere una sua lettera contro questa violenza che come un tarlo l’umanità si porta dietro e che sta per trasformarsi in guerra, anzi in guerra mondiale, anzi universale.

    • angela lanza scrive:

      sarei d’accordo se solo potessi sapere a chi mandare questa lettera!
      Forse la cosa migliore è dare un riconoscimento alla nostra esperienza di donne.
      Angela

  3. Enza Malatino scrive:

    CarAngela Grazie perchè continui a dare voce a tanta sofferenza, violenza ed abusi. Io non riesco più ad avere la forza mi sento vinta e schiacciata. Sento quasi la voglia di arrendermi. Ma cara amica grazie per sostenere il filo di speranza. Si certo bisogna continuare a parlare e io sarò con te,in ogni iniziativa possibile, per denunciare i sopprusi nei confronti delle donne ma non solo.
    Domani sarò a Lampedusa e ti farò sapere dell’aria che tira.

    Un forte abbraccio

    Enza

  4. ignazio martines scrive:

    E’ insopportabile tutto ciò, non possiamo arrenderci a tanta violenza, non possiamo altresì rispondere con altra violenza. possiamo però indignarci e lo facciamo ma fino a quando…
    Ignazio Martines

    • angela lanza scrive:

      caro Ignazio, contro la violenza si agisce in tanti modi diversi: un altro tipo di rapporti uomo-donna, una scuola diversa e un rispetto per alberi e animali che sempre meno abbiamo- quindi il rispetto verso tutte le forme della vita e soprattutto una maggiore attenzione e un grande spazio a quello che le donne fanno e farebbero se solo si lasciasse loro più potere
      Angela

  5. Ornella Papitto scrive:

    Angela, dobbiamo passare all’azione. Purtroppo vivo a Termini Imerese e mi sento emarginata rispetto a chi vive a Palermo e sento proprio la necessità di incontrarmi con le donne palermitane in “prima linea” rispetto alla pace e alla non violenza. Qui sono proprio sola. Mi puoi contattare attraverso Fb? Grazie

  6. rossella scrive:

    Concordo pienamente con quanto hai scritto, Angela, e ti ringrazio per aver espresso in modo così immediato ed efficace quello che in molte/molti sentiamo. Anch’io penso che contro la violenza-sotto qualsiasi forma-si agisce in tanti modi diversi, soprattutto in quelli che hai citato nel tuo ultimo commento, e in generale dando una forma e uno spessore diverso alle relazioni che tessiamo nella vita quotidiana, offrendo ed esigendo rispetto,ascolto,apertura alle diversità,capacità di dialogo, e non rassegnandoci a subire la paranoia degli altri. A quest’ultimo proposito concordo sulla necessità di un’azione comune.

  7. rossella caleca scrive:

    Dal commento che ho appena scritto è saltato il mio cognome

  8. Emma Baeri scrive:

    Cara Angela, condivido la tua angoscia e la tua rabbia, invio il tuo messaggio a Le Voltapagina ma ancora non so cosa e come potremmo fare. Non è facile riprendere il discorso del disarmismo femminista degli anni Ottanta (quante cose sono cambiate!,) nè, men che mai, quello delle donne buone in quanto donne. Forse, per uscire dall’ unanimismo femminile, dovremmo parlare di alcune donne, di alcune molte forse, spero, di quelle che hanno messo in discussione il patriarcato, che da sempre usa tutte forme di guerra per confermare il proprio potere simbolico, politico, economico. E’ pur vero che bisognerebbe segnalare il nostro rifiuto, ma come? Sai cosa temo? Che, come sempre è avvenuto, nell’emergenza ci si aspetta qualcosa dalle donne, scatta la solita delega della cura, fosse pure di un pensiero intelligente. Negli anni Ottanta, ai tempi dei missili a Comiso, noi del Coordinamento catanese dicemmo “contro la guerra, fare altro”, proprio per dislocare lo sguardo dall’impossibile ( fermare la guerra) al possibile. In fondo, anche lo scorso 25 novembre noi abbiamo fatto una piccola dislocazione dello sguardo, dalla violenza sul corpo fisico – il femminicidio – alla violenza culturale – la cancellazione dalla cultura. Adesso non so cosa potremmo fare che possa dirsi “altro”, forse segnalare il problema e continuare i nostri progetti. Ti ringrazio comunque per questa tua civile sollecitazione: la tua energia, la tua passione, continuano a stupirmi. Sabato prossimo. Le compagne, se lo riterranno opportuno ( abbiamo molti pensieri in testa, che ci piace scambiare, e non vorrei che ancora una volta ci muovessimo sull’onda dell’emergenza) diranno o faranno qualcosa di cui tu sarai informata. Un abbraccio. Emma Baeri

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