piace Mattarella, presidente di misurate parole

1 febbraio 2015 di: Rosanna Pirajno

Della elezione a Capo dello Stato di Sergio Mattarella, palermitano benché democristiano di cui non dobbiamo vergognarci, siamo felici e contente, anzi di più. Di lui si è detto di tutto: uomo schivo e sobrio, di poche parole e ancor meno sorrisi, dalla schiena dritta perché forte di qualche sorprendente No istituzionale, profondo conoscitore e difensore della Costituzione come della libertà dalla mafia che nel 1980 gli uccise il fratello Piersanti, da soli due anni presidente di una Regione Sicilia che intendeva riscattare da mafiosi e corrotti. Quelli che non glielo permisero non sono sconfitti, di eredi ce ne saranno certo nei pressi o addirittura dentro quell’aula parlamentare che ieri si sbracciava a salutare l’avvento del fratello, uomo onesto e perbene e soprattutto politico “intangibile” per storia personale specchiata, alla guida di un Paese anche per colpa loro assai screditato nel panorama internazionale. Ma neppure gli italiani, almeno una buona parte, oramai digeriscono le conseguenze della corruzione dilagante e dei privilegi della casta, sono anzi preda di una sfiducia crescente nella classe politica e imprenditoriale che lascia poco spazio agli entusiasmi e pochissimo alla speranza di cambiamenti in positivo, specie fra e per i giovani. E sono soprattutto stufi di parolai.

Quindi stupisce un emiciclo della camera dei deputati affollato e plaudente, sono troppe le volte dello spettacolo di scranni desolatamente vuoti anche in occasioni importanti, durante discussioni di interesse generale che avrebbero dovuto trattenere su quelle costose poltroncine le pagatissime terga dei rappresentanti del popolo. Che è sovrano quando gli conviene, altrimenti “popolo bue” quando elegge anche indegni e incompetenti.

Stavolta, convocati per eleggere il dodicesimo presidente della Repubblica, larga convergenza sul nome di Mattarella proposto con un formidabile colpo d’ala dal premier e segretario del Pd Matteo Renzi, votano sì anche convertiti dell’ultima ora e “franchi soccorritori” sfuggiti al controllo del boss forzaitalioto. Quello ha consegnato scheda bianca, e ora si lecca le ferite della sconfitta politica più bruciante dell’ultimo stadio della sua rampante carriera. Sarà la volta buona per levarcelo finalmente di mezzo, o ‘sto benedetto Patto del Lazzareno – con tutto quel che comporta e cela – lo farà sopravvivere alla nostra, di noi scafati insofferenti sinistri, consunzione?

La domanda è questa: dopo l’elezione di una degnissima persona che accende qualche fiammella di speranza nella Repubblica Italiana, ci sarà un cambio di rotta, o nemici come prima?

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