un minuto di Silenzio

22 febbraio 2015 di: Marcella Geraci

3.528 contro 2.171. La prima cifra indica le persone migranti che hanno attraversato il Mediterraneo nel gennaio 2015 e la seconda, quanti invece lo hanno fatto nel gennaio dello scorso anno secondo dati forniti dal Ministero dell’Interno. Numeri che sono persone, corpi che nutrono bisogni e provano sentimenti, rabbia e paure proprio come noi. Numeri che indicano esseri umani che sognano una vita migliore o appena decente, sicuramente più vivibile di quella che hanno condotto nel proprio paese d’origine fino al momento in cui hanno deciso di salire su quei maledetti barconi. Carrette che in alcuni casi non arriveranno mai a destinazione, regalando al mare un patrimonio di vite e sogni, speranze, braccia, volti, competenze, storie.

Se il Mediterraneo potesse parlare avrebbe le voci di chi non ce l’ha fatta, dei tanti uomini, donne, bambini e bambine inghiottiti dalle sue acque, un piccolo pezzo d’Africa che cercava il riscatto. Energie nuove, le più giovani e in forze del continente, le uniche che avrebbero potuto mettere in moto il meccanismo di una ripresa almeno economica. Nel piovoso e freddo gennaio di quest’anno, le persone che hanno messo in atto la fuga dalle miserie dei propri paesi si sono imbarcate in Libia ma provengono in larga parte da Siria, Gambia, Mali, Somalia ed Eritrea. L’ultimo sbarco di febbraio sul Molo Ronciglio di Trapani ci porta invece persone provenienti dal centro Africa, Gambia, Costa d’Avorio, Nigeria e Gabon. Tutto questo in mesi invernali che non hanno risparmiato tragedie immani come quella accaduta il 9 febbraio, dalle proporzioni inaudite, mentre ancora vivo è il ricordo dei 366 morti durante il naufragio nei pressi dell’Isola dei Conigli.

Anche questa è l’Europa e le cose da rivedere sarebbero tante, dalla politica delle frontiere alle operazioni di soccorso, alle lungaggini delle commissioni territoriali. Ma gli oltre trecento morti di pochi giorni fa meritano un minuto di silenzio, anche da parte di questo giornale. E anche noi lo meritiamo: per pensare, condividere e ridiventare esseri umani.

3 commenti su questo articolo:

  1. Sonia scrive:

    Hai ragione i tanti tanti morti meriterebbero un minuto di silenzio anzi un anno intero!!!!

  2. silvia scrive:

    Come rimediare ai tanti morti? Forse offrendo solidarietà e sostegno ai vivi, o meglio ai sopravvissuti. E non solo nell’immediato dell’emergenza dei soccorsi, ma anche quando li incrociamo agli angoli delle nostre strade o fuori dai negozi ad elemosinare qualche spicciolo perché spesso il nostro Paese non riesce a garantire loro altro che una vita da mendicanti sfruttati da chissà quali organizzazioni che su di essi speculano.

  3. Gemma scrive:

    ogni tanto ne incontro qualcuno per strada
    mi chiama “mamma”
    forse perché ho una certa età
    forse perché ho gli occhi scuri come i suoi
    forse perché ha veramente fame…di affetto
    e non solo bisogno di mangiare qualcosa
    o di rimediare pochi spiccioli

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