Asparagi e trivelle

14 marzo 2015 di: Letizia Lipari

“Tutte queste case…negli anni ’60, ’70, qui c’erano solo pascoli. Vacche e vacche per chilometri. Ma stanno rovinando tutto. Non ci resterà più niente fra poco…”

L’uomo parla accompagnandosi con ampi gesti delle mani. Con i baffi, la coppola e le bretelle sulla camicia bianca, potrebbe passare per una comparsa di una rievocazione dei fatti di Portella della Ginestra.

Ma le bandiere che oggi sventolano sopra le teste del corteo che avanza nella Vallata del fiume Irminio sono quelle di Legambiente e dei No Muos, su alcuni di cartelloni spiccano le scritte a pennarello: “No alle trivellazioni”, “Via i petrolieri dalla Val di Noto”

In questo angolo bellissimo di Sicilia, nelle campagne di Scicli, nel Ragusano, è stata autorizzata la realizzazione di rilievi propedeutici alla ricerca di petrolio. Una prima fase che, se i rilievi daranno risultati positivi, sarà seguita dalle trivellazioni vere e proprie.

Una decisione che si inserisce nella politica di rinnovato investimento sugli idrocarburi di cui si è fatto portavoce Renzi, che ha previsto, tramite il famigerato decreto “Sblocca Italia” la semplificazione e la velocizzazione delle procedure di autorizzazione.

In Sicilia, tutto ciò si è tradotto in un vasto piano che prevede nuove trivellazioni per ricerche di gas e petrolio in terra e mare.

Le perplessità su questa scelta sono tante: con la riduzione dei tempi di autorizzazione non si rischieranno rilevamenti superficiali? Non è anacronistico, mentre il resto d’Europa investe sulle rinnovabili, puntare ancora sugli idrocarburi? Non vi è il rischio di inquinamento delle falde acquifere? La deturpazione del paesaggio dove la mettiamo?

Gli scienziati sembrano fare fronte comune: la scelta di puntare sul petrolio, oltre a porre a rischio l’ambiente, è antieconomica perché le riserve sono destinate in breve ad esaurirsi, e trivellare –come è in programma- il Canale di Sicilia, zona a intensa attività vulcanica, è pericoloso e da criminali.

Camminiamo fra fattorie e campi verso le macchine. La mattina di “trekking no triv” sta per finire.

C’è l’aria di una scampagnata: chi raccoglie asparagi, chi riempie sacchetti di finocchietto selvatico. Un attivista osserva che è proprio questo che si dovrebbe continuare a fare in questi luoghi: passeggiare e godere della natura.

Tutti parlano fra loro; cercano di carpire maggiori informazioni su quanto deve succedere: “Ma quindi, quando cominceranno a trivellare? E il sindaco di Ragusa? E Crocetta?”

C’è disorientamento; le informazioni veicolate dai media sono state finora per lo più frammentarie e ambigue. I membri delle varie associazioni ambientalistiche presenti oggi spiegano i fatti con calma e competenza.

I politici invece hanno urlato e promesso ricchezza e migliaia di nuovi posti di lavoro. Chiacchiere che mai come ora suonano come ciance da imbonitori; ma sono imbonitori che conoscono il mestiere: le trivelle che dovrebbero rendere ricca l’Italia sono già pronte.

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