Cosa essere, è questo il problema
Essere giovani è avere la possibilità di poter stravolgere la propria vita da un momento all’altro. Non credo se ne possa avere la consapevolezza, non credo si possa comprendere a pieno la grande forza, la grande occasione che si ha, che si può utilizzare, non credo ci si accorga quanto sia facile capovolgere tutto, ricominciare da capo, come tante volte, si penserà di fare negli anni a venire, comprendendo solo allora, che l’unico vero momento nel quale questo poteva verificarsi è già trascorso. “Non possiamo scegliere da dove arriviamo, ma possiamo scegliere dove andare da lì in poi” dice Charlie, il protagonista di “Noi siamo infinito”, un film del 2012, diretto dal regista Stephen Chbosky, che ha riadattato per il cinema un suo stesso romanzo: “Ragazzo da parete” . Il protagonista è un adolescente che ha avuto una vita abbastanza turbolenta e che sta cercando se stesso, più o meno, come può essere capitato ad ognuno di noi. In un lungo viaggio interiore, all’interno, non solo di quella che è la mente e la vita di questo ragazzino, ma anche quella di altri personaggi, ci si ritrova ad essere spettatori delicati di esistenze fragili. Il pubblico viene indotto a mettere in dubbio le proprie certezze dalla pellicola che lo “prende per mano” ponendolo davanti a situazioni particolari, affrontando argomenti, che, di solito, viene difficile trattare. Situazioni che fanno pensare sia abbastanza arduo trovare qualcuno che non abbia o che non avrà, un moto di rabbia mista a tristezza, guardando la scena in cui, uno dei protagonisti, viene picchiato e preso in giro dagli amici del ragazzo con cui è stato per mesi, che non lo difende solo perché il padre, avendoli scoperti insieme, l’ha picchiato. E’ questo ciò che dobbiamo tenere a mente, possiamo diventare ciò che vogliamo ed è questo il miglior momento per trasformarci, possiamo diventare, per esempio, uno di quelli che picchiano o uno di quelli che difendono, la differenza sta in un’azione, le conseguenze, invece, riecheggeranno per le nostre intere esistenze. Pensate di avere già deciso che persona sarete? Non esistono risposte giuste od errate, ma riflettete bene, quello che siete oggi sarà parte della società di domani.
La vita è come un tiramisù alla fragola
tutti pensano che quello più buono sia al caffè…ma la massa non ha mai ragione.
Giusta riflessione… Sentirsi vivi finchè si è vivi!
Bisogna essere ciò che si ha dentro, sempre!
Quanto è vero…bravissima Stefania!
Non penso sia del tutto esatto dire che possiamo diventare ciò che vogliamo; il punto è capire cosa vogliamo realmente, e qui entrano in gioco profondità dell’inconscio di cui non abbiamo conoscenza nè potere. L’individuo che vive in una società non esprime realmente una personalità propriamente sua, ma è uno specchio della civiltà in cui è immerso, un rapporto fra sè e gli altri. Davanti al bivio fra l’io e l’altro, bisogna capire a quale di questi due termini tende il nostro essere. In un contesto dove l’io può sentirsi realizzato solo se inserito in una relazione armonica con gli altri non è raro schiacciare un individuo debole per rafforzare o creare un legame nel gruppo, non c’è nemmeno bisogno di portare casi violenti come esempio per mostrare questa realtà che si palesa spesso nella vita di ogni giorno: basti pensare alla competizione per un posto di lavoro, dove non si esita ad usare mezzi sleali per screditare i propri avversari e ottenere una certa ammirazione dai datori di lavoro, rafforzando il proprio legame con essi e guadagnando un certo prestigio per il conseguimento di un risultato. Si adotta un certo grado di crudeltà, lieve o forte, per trarne un vantaggio personale e quello più grande è apparire davanti agli altri, essere gli altri. Se questi comportamenti vengono denunciati, la risposta della società è “E’ così che gira il mondo. E’ sempre stato così, sempre così sarà e quindi non c’è bisogno di cambiare il mondo, ma solo di adeguarsi ad esso”. Nella vita di ogni giorno si verificano tanti casi di questo tipo che sono forse ancor più pericolosi perchè banali e non vengono presi in considerazione poichè di poco conto. Tuttavia tante gocce d’acqua possono riempire una brocca e avere un effetto totale sulla società più devastante dei casi più eclatanti. Non penso che la soluzione sia scegliere l’azione giusta anche perchè, se esiste una certa disposizione malvagia, si potrà optare per il bene nelle questioni più rilevanti e mostrare l’indole autentica in quelle di poco conto; così facendo vengono nascosti solo alcuni sintomi e il morbo continua ad infettare la coscienza. Il nocciolo della questione penso stia nella capacità di comprensione, nel grado di profondità acquisito: se si coglie un’illuminazione, essa rischiara tutto l’essere e agisce come una medicina che riduce l’estensione del morbo; più profondità si riesce a scorgere in un concetto, più abbandoniamo il mondo delle rappresentazioni e dell’ego. Non è un processo razionale perchè con la mente è possibile anche trovare una giustificazione logica del male, ma si tratta di un qualcosa che va oltre le nostre capacità conoscitive ed è difficile da scorgere o afferrare per questo.