le belle statuine, levigate e botulate
Le donne che si fanno piallare le rughe io non le condanno, il desiderio di sentirsi fresche e piacenti quando il tempo inizia a infierire sul corpo è molto umano, fa quasi tenerezza. A parte la Magnani, di cui si riporta la famosa frase sulla volontà di mantenerle a tutti i costi, le sue rughe di espressione, da che mondo e mondo le bellissime si sono concesse ad ogni sortilegio di maghi e fattucchiere pur di evitare i segni della temibile vecchiezza – «orribil cosa fece la vecchiezza un dio» imparai al liceo da Mimnermo – e la favolistica e persino il cinema ci hanno raccontato di donne che oscuravano con drappi neri gli specchi di casa, di altre che calavano spesse velette dai cappellini, e persino di megere capaci di uccidere pur di non perdere il primato della bellezza.
Ma farsi tirare la faccia per diventare mascheroni lucidi e levigati, con i lineamenti tutti uguali, zigomi alti e labbroni a canotto, occhi e sguardi inespressivi e persino i sorrisi difficoltosi, questo proprio non lo capisco. Non capisco come quaranta-cinquantenni “in vista” – attrici, presentatrici, manager et similia – possano preferire, al naturale cedimento dei tessuti che difficilmente le trasformerebbe in mostro, questa falsa levigatezza omologante e parecchio “mostrificante”, che è pure costosa e soggetta a revisioni periodiche per scongiurare collassi, credendosi giovani e belle come a vent’anni. Senza rendersi conto di farsi simulacri di una bellezza artificiale che le apparenta tutte, un esercito di bellone appartenenti alla etnia delle “rifatte” chirurgicamente, e da mani maschili per giunta.
P.s. Ci siamo quelle che, per principio o per denaro che non c’è, non lo faremmo mai. Ma non nascondo che comincio a guardare con preoccupazione le mie rughe crescenti: e se diventassero insopportabili e mi sentissi io la “diversa”, sarebbe un segnale di cedimento al nuovo corso delle eternamente giovani-fuori?
La relazione che abbiamo con il nostro corpo ci mette in relazione con gli altri. Se ci accettiamo, allora ci sentiamo accettati per quello che siamo. La variabilità è uno dei presupposti dell’evoluzione. Pensare di adeguare la nostra immagine a modelli stereotipati, spesso lontani dalle nostre caratteristiche genetiche, è assolutamente innaturale. La vera bellezza sta nella diversità.
Bell’articolo, davvero! Qua non si tratta, infatti, di condannare, perchè il desiderio di giovinezza è umano e molto comprensibile in una società come questa. Secondo me, una delle nuove sfide che le sinistre devono raccogliere non può tralasciare il corpo nella sua relazione con il mondo.