mafia e antimafia in rotta di collisione
La Commissione antimafia indaga… sull’antimafia! Se Leonardo Sciascia fosse ancora vivo avrebbe sicuramente tratto qualche spunto da questa curiosa vicenda per scrivere un nuovo romanzo. Ancora una volta, la Sicilia dei paradossi torna agli onori delle cronache in questi giorni di grande fermento giudiziario. Non bastava un presidente di Unioncamere Sicilia e numero uno di Confindustria, Antonello Montante, finito sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Oggi tirato in ballo da cinque pentiti in merito a sue presunte frequentazioni con i capi famiglia di Serradifalco, Montante ha occupato, in questi anni, la prima linea sul fronte della lotta per la legalità.
Ci voleva anche Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio palermitana e vicepresidente di Gesap, altro “campione” dell’antiracket beccato con le mani nella marmellata dai carabinieri mentre intascava una sostanziosa tangente dal pasticciere di Cinisi, Santi Palazzolo. Ma nell’isola gridare all’indignazione diventa sempre più difficile che ricorrere al grottesco ed al bizzarro, per narrare una situazione in cui tra bene e male non sembra esservi più un confine netto. Così la Commissione antimafia indaga sull’antimafia, senza l’aiuto di sottocommissioni di sorta. E a Caltanissetta, dove la Commissione si è riunita, i toni sono pacati ma i riferimenti fin troppo chiari. «Abbiamo fiducia nelle indagini della magistratura» ha dichiarato la presidente Rosy Bindi durante la conferenza stampa che si è svolta in tarda sera, verso la fine dei lavori della Commissione. «Siamo convinti che per fare una lotta vera alla mafia bisogna avere un’antimafia trasparente. Non si può praticare l’antimafia per una convenienza di parte» ha aggiunto la Bindi, che ha fatto anche riferimento all’Agenzia dei beni confiscati, auspicando le dimissioni di Montante e non solo la sua autosospensione. «Chi decide l’assegnazione di un bene non può avere alcun interesse su di esso» ha ribadito la Bindi. Toni più spinti quelli usati dal vicepresidente Claudio Fava, che ha parlato di «antimafia dei pennacchi, strumento di carriera o di impunità» e di una certa sottovalutazione che ci sarebbe stata a Caltanissetta in questi anni, nei confronti dei tentativi di infiltrazione che nella terra di Russo, Volpe e Vizzini non nascono oggi.