QUANDO IL DELITTO RESTA SENZA CASTIGO dal Corriere della sera del 29.03.15

29 marzo 2015 di: Michele Ainis

…Il vero e il falso, ahimè, albergano in un nido d’ombra. E la verità giudiziaria non è meno opinabile della verità storica, filosofica, scientifica. Ecco perché ogni sentenza può venire ribaltata dalla sentenza successiva: per controllarne prove ed argomenti, per ottenere, se non la verità, almeno una verifica. Ma quest’esame non può rimbalzare all’infinito, a scapito della certezza del diritto. L’ultima sentenza diventa perciò definitiva, giusta o sbagliata che sia. Ed è esattamente qui il bene giuridico e civile che ci ha offerto la Cassazione: ha scritto la parola fine a questa storia, o quantomeno alla storia di Amanda e Raffaele. Che poi siano davvero innocenti lo sapranno solo loro, insieme al Padreterno. Noi, però, almeno una cosa la sappiamo. Sappiamo che in Italia il riesame giudiziario è come la tela di Penelope. Troppi appelli, troppi rimpalli da una Corte all’altra. È questo accanimento nella ricerca d’una verità impossibile che scuote la fiducia popolare in giudici che si contraddicono a vicenda, che allunga a dismisura i tempi delle loro decisioni, che brucia i processi con la prescrizione. Altrove non è affatto una regola scolpita sulla pietra. In Spagna, nel Regno Unito, in Germania, in Francia, l’appello viene consentito solo in casi circoscritti. Negli Usa ne hanno pieno diritto unicamente i condannati a morte. Laggiù, del resto, la Corte suprema riceve 80 casi l’anno; la nostra Cassazione ne assorbe 80 mila. Eppure l’antidoto verrebbe in mente anche a un bambino: se un tribunale ti dichiarerà innocente (come accadde nel 2011 per Amanda e Raffaele), nessun altro tribunale avrà più di che dichiarare. Fine della giostra.

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