sapore di mare? no, di sale!
Questa domanda con acclusa risposta è dedicata a lei, Paoli Gino per l’anagrafe, per noi tutti cantautore triste degli anni sessanta, settanta e giù di lì. Voglio ricordare, soprattutto, quella continua malinconia che traspariva dal suo volto, quella sua nostalgica aria di poeta, non proprio maledetto ma neanche benedetto da Dio. Quel suo sguardo scontento davanti alle brutture del mondo a noi dava la certezza di come la sua fede comunista fosse al disopra di ogni sospetto. In verità ora non riesco a capire il perché. Penso che la nostra convinzione fosse dovuta al fatto che a quei tempi tristezza e malinconia apparivano segni d’impegno e purezza d’animo. Purtroppo nel caso suo sbagliavamo perché, a quanto pare, anche alla festa dell’Unità, mentre sussurrava melodie sotto bandiere rosse, si faceva pagare in nero. Il suo viso che lasciava trasparire solo scontento, noia, ci appariva come simbolo di una profondità che avrebbe reso le canzoni particolari. Comunque fallivamo nuovamente nel giudizio, perché quel crogiolo di sentimenti negativi a lei diede solo la forza, un giorno, di impugnare una pistola contro se stesso. In verità, con assoluta imprecisione tanto che si trovò, non in un posto migliore, ma in un freddo ospedale con in più un optional che non aveva scelto: una pallottola nel cuore.
Sarà anche per quel tentativo di suicidio che noi l’abbiamo continuato a considerare uomo di profondi sentimenti, anche se, lei, dopo lo sparo, si era affrettato a scrivere e sono “un uomo vero, un uomo vivo” spiegando di aver trovato finalmente uno scopo per i suoi occhi, per le sue mani, per le sue orecchie, scopo che si identificava con il sentire paralare, guardare, toccare e via di seguito o Ornella Vanoni sua famosa contemporanea o la giovanissima Stefania Sandrelli. Ripensandoci adesso, le sue parole erano talmente banali che non giustificavano affatto la stima che avevamo per lei. Ma la sua voce, mentre tutti urlavano, sussurrava suadente dal vinilico, la sua musica faceva strisciare i piedi e costringeva ad abbracciarsi mentre si ballava, dunque era facile amare ed amarla. Passati gli anni noi abbiamo continuato a cantare della sua gatta, dei suoi quattro amici al bar, fin quando ora ci siamo resi conto che le tracce, che seguivamo, non erano più le sue tracce musicali ma le tracce che fiutava la finanza per dichiararla evasore fiscale. Io penso che nella sua stanza non vi sia più il cielo e che la sua gatta con tutto quelle perquisizioni sarà scappata, lei si è dimesso dalla Siae! Il solito teatrino ha sollevato il sipario sull’abituale farsa delle intercettazioni. Tutta l’Italia sente che lei ha qualche esitazione, sua moglie l’incoraggia spingendolo a trovare un posto segreto per i documenti bancari e lei, Paoli Gino, così è schedato, ora, alla tributaria, ha qualche dubbio perché non vuole scontentare il suo pubblico, forse non si è accorto che la massa dei fan si è ormai ridotta, meglio di niente, a qualche settantenne nostalgico.
Una storia banale dunque di un divismo superato e di un ladrocinio che aumenta muovendosi alla cieca “a chi tocca, tocca”. Appena i primi finanzieri le hanno intimato “canta” lei lo ha fatto subito. E’ venuta fuori una confessione smozzicata di cui non si capiva molto. Nessuno meraviglia, in fondo erano così anche le sue canzoni. Dunque niente di nuovo; è da chiedersi perché io desideri parlare ancora di lei. La risposta è semplice, io vorrei riproporre la tristezza che lei esibisce a tanti giovani e vecchi che tristi senza lavoro, senza soldi, lo sono davvero e non per giocare ai romantici. Vorrei ricordare che, sebbene in minima parte, la sua evasione fiscale ha collaborato ad aumentare il loro disagio ma soprattutto la loro confusione mentale, e che Paoli Gino non scrisse una canzone intensa e solare come Sapore di mare per poi lasciarci solo il sapore del sale!
Brava Silvana. E’ caduto un altro mito, un simbolo a cui avevamo dato credibilità e affidabilità. Il tuo articolo è perfetto e interpreta la delusione cocente di tutti/e noi. Sono convinta che ne dovrai scrivere tanti altri perché, quando sembra che più in basso di così non si può andare, si manifesta un altro caso o mille altri casi di personaggi a cui abbiamo consegnato le nostre illusioni e i nostri soldi per comprare la loro merce per poi scoprire quanto fosse avariata!
Mi pare che altre volte o in altri giornali ho letto queste lettere di Silvana sono ottime perché in un frasario comico, ma più che altro satirico, con leggerezza, vengono dette le cose più forti. Anche noi che non sappiamo scrivere e neanche parlare dobbiamo gridare “abbasso tutti”
E su Helg che patrocinava addio pizzo per poi pretendere proprio grandi pizzi? Niente da dire.
Già in un ambiente di cantautori genovesi la vecchia guardia dunque pura e fedele alla rivoluzione anti borghese ci troviamo il capostipite ad evadere il fisco cosa possiamo desiderare di più come dice la pubblicità”un lucano” cioè attaccarci alla bottiglia e dimenticare tutto.
Ironico ma allegro, irriverente quanto basta, ma caustico da morire.
Mah, francamente a me è sempre stato antipatico e quegli occhi morti e vuoti non mi sono mai piaciuti.
Ahaha Silvana il tuo articolo mi è piaciuto particolarmente, il modo leggero ma non superficiale, divertente ma non banale con il quale hai descritto lo sdegno di tutti per questa situazione mi ha fatto pensare a come e quanto siano diverse, alle volte, le immagini pubbliche di personaggi famosi rispetto alla vera loro essenza, a quanto possano essere diametralmente opposti e a come sia vero che le bugie hanno le gambe corte, pensava di fare fessi tutti ed invece, adesso, che tutto è venuto a galla, noi faremo fesso lui, che ormai ha perso non solo credibilità ma pure il rispetto di coloro i quali credevano in ciò che diceva, cantava, professava.