uomini che a teatro scrivono di donne
«Le botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia; l’uccisione la parte conclusiva. Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza e il coraggio. …Una polvere … fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco». Queste parole di un’operatrice di un Centro Antiviolenza hanno ispirato Saverio La Ruina nella scrittura del suo testo teatrale “Polvere”, rappresentato in questi giorni al Teatro India di Roma, nel quale ha cercato, per sua stessa ammissione, di stare alla larga dal cadere nella cronaca e dal costruire una creatura maschile mostruosa, da cui gli uomini fossero autorizzati a prendere le distanze, in quanto lui stesso, parlando per documentarsi con vittime e carnefici, si è accorto di non essere immune e lontano da atteggiamenti stabiliti da una cultura basata su rigidi ruoli di genere sin dall’infanzia. L’autore, anche regista e interprete insieme all’attrice Jo Lattari, ha trasportato gli spettatori in un luogo claustrofobico sia reale che mentale, in cui si assiste alla consumazione del rapporto tra un uomo e una donna in un crescendo di possessività, gelosia e crudeltà, spingendo i personaggi sempre più in un’oscurità dei sentimenti e verso una presumibile tragedia.
Ma bando alle tristezze! Risolleviamoci con la notizia dell’uscita in questi giorni del bando della prima edizione del premio teatrale: “Comicità Made in Man”, intitolato “Reginelle sul comò”, organizzato dalla Compagnia Iposcenio di Roma, diretta dal regista Sasà Russo. Nel bando si chiarisce che i testi in concorso dovranno vertere sui rapporti donna/uomo «ironizzando sulla figura femminile, sempre più complicata, controversa … ma molto spesso ironica e autentica»; l’estensore del testo del bando a questo punto si pone degli interrogativi: «Chi sono veramente le donne? Come sono viste dagli uomini? Quant’è articolato e vasto l’enigmatico mondo femminile?». Continuando a leggere veniamo a sapere che il concorso si rivolge ad artisti e/o compagnie teatrali di qualunque regione d’Italia che dovranno presentare testi tassativamente scritti e diretti da uomini, ma nel cast pare che possano essere presenti anche delle attrici. Nell’articolo 1 del Regolamento inoltre si avvertono i partecipanti che ciascun corto deve essere della durata massima di 15 minuti e avere un senso compiuto (!?).
Lasciamo dunque i drammaturghi a prenderci sul serio o in giro come a loro piace, lasciamo che ci usino per mettere alla prova il loro talento nel costruire storie e personaggi, perché, come dice Virginia Wolf, abbiamo «molte più identità di quanto non si pensi e non siamo semplici come ci vorrebbero i nostri amici per venire incontro alle loro necessità».
Per realizzare un corto che abbia senso compiuto o che sia almeno verosimile, o che comunque “significhi qualcosa”, anche a livello fantasioso e immaginario, che abbia senso da un lato stilisticamente accettabile e dall’altro drammaturgicamente comprensibile i partecipanti dovranno sorvolare sui luoghi comuni……alla fine, gira e rigira, nell’immaginario maschile si procede per stereotipi. Oggi, giornata internazionale della donna, lasciatemelo dire!
La citazione all’inizio dell’articolo ha catturato la mia attenzione, mi ha portato a riflettere non solo su quello che è, sfortunatamente, l’epilogo di certe storie d’amore “malate”, ma anche sul “prima”, pensandoci ci si interroga poco su come si arrivi a dei punti di non ritorno, su quali siano i segnali non fisici che l’uomo che si ha accanto, in realtà, non ama ma pretende, non prova gelosia per amore ma per senso di possesso, stando a quanto ho letto le vittime di questi rapporti credono sempre che l’uomo cambierà, che le stia amando “a modo suo”, che “ha sbagliato e non lo rifarà più”, ma non è che oltre ad educare gli uomini ad amare nel modo giusto, dovremmo pure educare le donne a farsi amare in tale modo?.