Infiltrati anticorruzione? No, per carità!
Nel positivo sforzo di combattere la corruzione in Italia, giornalisti, magistrati, deputati – fanno proposte tendenti non solo ad aumentare le pene per i corrotti, ma anche a bloccare l’iter corruttivo “in corso d’opera”.
Sono propositi interessanti, ma tutti da selezionare con cura.
Ad esempio mi sembra inaccettabile la recente proposta di ingaggiare alcune persone a svolgere il ruolo di “agenti provocatori” nei confronti di personaggi che si presume siano sensibili al “profumo dei soldi”.
Essi si recherebbero presso alti funzionari o politici autorevoli, proponendo loro affari sporchi in cambio di consistenti bustarelle. In caso essi accettino, l’infiltrato li denuncerà.
E se avvenisse il contrario? Se fosse proprio il funzionario o il politico a denunciare chi gli sta facendo la proposta scorretta? L’agente provocatore consegnato alla polizia e denunziato alla Procura, si rivelerebbe anch’egli un poliziotto, travestito, oppure un giovane disoccupato neo-assunto dallo stato. La situazione si rivelerebbe grottesca, più adatta ad un film comico che ad accrescere la coscienza civica e la moralità pubblica.
No, no, no. La situazione politico-giudiziaria italiana è già abbastanza aggrovigliata e controversa, per non aggiungervi altri elementi di confusione. Sorprende che a caldeggiare tale proposta sia stato, tra gli altri, un magistrato. Ingenuità? Superficiale scopiazzatura di pratiche agite (forse) in altri paesi, ma in contesti molto diversi dai nostri?.
Forse è il caso di ricordare gli esiti deleteri che hanno avuto in Sicilia i tentativi (più o meno segreti, più o meno in buona fede) fatti dalle forze di pubblica sicurezza per conoscere e forse condizionare gli esponenti della mafia. Meglio non giocare col fango.