un percorso per la tutela dei diritti

29 aprile 2015 di: Giorgia Butera

Sia la scrivente, presidente di Mete Onlus, che il Presidente di Antigone Sicilia, Pino Apprendi, abbiamo intrapreso un percorso comune per una serie di incontri all’interno degli istituti penitenziari siciliani. Giorno 15 aprile 2015 si è svolto l’appuntamento previsto in calendario, tenutosi al Carcere di Caltanissetta, sul tema “Squilibrio di Genere e Negazione Diritti Umani”. L’incontro è inserito all’interno delle diverse attività, previste sia su territorio italiano sia estero, della campagna di sensibilizzazione “Sono Bambina, Non Una Sposa”, ideata da me insieme ad Alessandra Lucca e Federica Simeoli, per un dato che riteniamo importante, aprire spazi di dialogo e confronto in ogni contesto possibile; soprattutto in quei luoghi dove l’affermazione e la tutela dei diritti umani devono essere maggiormente salvaguardati. Si parla di crescita naturale del bambino, squilibrio di genere uomo/donna, diritto all’istruzione e, naturalmente della campagna di sensibilizzazione “Sono Bambina, Non Una Sposa”. Siamo felici del percorso comune con Antigone Sicilia ed il suo Presidente, Pino Apprendi. Insieme per i diritti umani ed una grande battaglia di civiltà.

Recarsi negli istituti penitenziari per incontrare i detenuti è tra le esperienze maggiormente significative per chi ha deciso di spendere la propria vita in azioni per la tutela dei diritti umani e la dignità della persona, per capire le dinamiche relazionali e sociali che vi stanno dietro. Siamo felici che l’ascolto diventi subito interazione e confronto. Ne usciamo arricchiti ed anche provati, ma consapevoli e orgogliosi del cammino intrapreso.

Dalle carceri, dove ci rechiamo, arrivano sempre più lettere. Vedere quanta speranza stia dietro a uomini che per aver commesso reati si trovano reclusi, porta ad una riflessione importante. Accade spesso di dover constatare che le violenze fisiche ed emotive subite da bambini, e quasi inevitabilmente da adulti, si ripercuotano nei comportamenti. Parlarne è un modo per esorcizzarle.

Qualcuno scrive che è la paura della libertà a soffocarli, fuori non hanno nulla, il loro inserimento nella società è inimmaginabile. Scriverne e trasmetterle a noi aiuta loro nel ragionamento, nel pensiero condiviso. Queste loro parole ci danno la conferma che è un percorso importante, quello che stiamo conducendo. Anche se mille dubbi ci assalgono, siamo felici di averlo intrapreso.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement