comunismo e spiritualità, si può

14 maggio 2015 di: Ornella Papitto

«Potrei ricominciare addirittura a pregare anche se sono comunista». Mi urta questa affermazione di Raul Castro: compiacente e soprattutto tardiva e, per chi è cattolico, o lo è stato, credo sia anche dolorosa. Un leader che ha diviso le persone tra comunisti e credenti, considerati alternativi se non opposti, o facenti parte dell’opposizione, secondo la sua visione del mondo.

Un leader che ha negato il bisogno di spiritualità dell’essere umano, sostituendolo con il materialismo pensando che potesse bastare. Un leader che, in fondo alla sua vita, compiace il Papa, introducendo una possibilità di tornare alle origini: alla fede cristiana.

Sento odore di post-imbroglio. Raul Castro pregava, e poi ha smesso. Quanti comunisti non hanno mai interrotto di pregare? Ci hanno indotto a pensare che le due sfere, quella spirituale e quella materiale non potessero convivere. Ci siamo fatti dividere a metà, come degli sprovveduti. Abbiamo separato la mente dal corpo. Una forzatura violenta che ancora si riscontra tra i cattolici e tra i comunisti o ex comunisti.

È la violenza dei preti che non possono sposarsi. È la violenza delle sette religiose che catturano chi si consegna e si affida a loro ciecamente. Le sette che coltivano illusioni, il falso misticismo e la convinzione interessata che la spiritualità sia di ordine superiore rispetto alla materia e non, invece, due parti indissolubili da rispettare con lungimiranza.

Alcune religioni si nutrono della sofferenza da separazione mente-corpo. E non solo le religioni. E tutto questo per perseguire i propri interessi, spesso molto materiali. È una forzatura negare il bisogno di spiritualità dell’essere umano, è una forzatura negare i bisogni naturali di un corpo. Tale divisione mette continuamente in serio pericolo l’equilibrio di menti fragili che si nascondono in rifugi ideali e idealizzati. Il pericolo è quello di rinunciare a vivere la propria vita e poi di risvegliarsi quando ormai è già tardi.

Adesso Raul ci ripensa, perché il Papa espone la propria umanità, la “saggezza e modestia”. Ha paura della morte? Ha bisogno di iniziare a raccomandare la sua anima? Perché, invece, in tutti questi anni, non ha provato a coniugare comunismo e spiritualità? Perché ha continuato sulla scia occidentale della dicotomia, che separa irrimediabilmente invece di unire?

Mai stata catto-comunista. Prima cattolica e poi comunista ma mai, mai ho rinunciato al bisogno di spiritualità, che ho declinato, serenamente, nelle azioni quotidiane. È possibile rimanere integri? È possibile se trattiamo con rispetto noi stessi e se accogliamo, con gioia, la nostra innegabile e meravigliosa complessità.

1 commento su questo articolo:

  1. Giulia scrive:

    spirituale è chi tende a considerare prioritari i valori dello spirito, considerando poco importanti i beni materiali
    comunista è colui che crede che si possano rendere comuni gli strumenti di produzione, le ricchezze, i beni dando ad essi, di conseguenza, valore condivisibile ma prioritario rispetto allo spirito
    a mio parere si può esser comunisti e vivere con semplicità la propria spiritualità che rende la condivisione più nobile

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