Gli italiani in Argentina Nostalgia e individualismo dal “Corriere della Sera” del 05.05.15

5 maggio 2015 di: Dacia Maraini

Argentina. Buenos Aires. 14 ore di volo sono tante. Un altro mondo. Eppure subito si sente un’aria di casa. Molti parlano italiano, e il tono e la cordialità sono molto simili a quelle della nostra provincia migliore. Peccato che, anche qui, abbiano distrutto le belle case art nouveau e floreali degli inizi del Novecento che costituivano la memoria della prima immigrazione italiana e del fulgore di un tempo di pace e di ricchezze….

Le città qui sono disseminate di banche. Eppure la povertà si tocca con mano. Gli eleganti negozi di una volta sono stati sostituiti da centinaia di venditori di oggetti cinesi a poco prezzo. «Senza una visione costituzionale complessa e sistematica», scrive Jorge Orgaz , «non si esce dalla crisi». Quando parla della debolezza politica di fronte al «gigantismo del potere esecutivo», sembra di sentire parlare del nostro Paese che fa fatica a liberarsi di alcuni grandi potentissimi burocrati dagli stipendi assurdi, inamovibili e spesso incapaci. Come scrive Carlos Emanuele Cafure: «manca una classe politica che si metta al servizio dei cittadini, smettendo di trattare l’opinione pubblica come un nemico da blandire o da combattere». Un fattore positivo, sostiene Cesare Vaccanì, che vive qui da anni, è che l’Argentina, in America Latina è il solo Paese con una classe media degna di questo nome. Il che costituisce un freno alla crescente separazione fra ricchi e poveri e all’aumento esponenziale della criminalità. Certo l’ansia di esserci nel mondo è forte e le iniziative culturali tante. Questa la ragione per cui mi trovo qui a parlare in italiano e dell’Italia.

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