in altre parole, dette da una indiana

21 maggio 2015 di: Anna Trapani

Storia di un amore improvviso e travolgente. L’ oggetto d’amore è la lingua italiana, ma chi è l’amante? E’ la famosa e apprezzata scrittrice di origine indiana Jhumpa Lahiri, autrice di romanzi quali “La moglie” e vincitrice anche di un premio Pulitzer. E’, infatti, uscito da poco il suo primo libro in italiano: “In altre parole” edito da Guanda. In esso traccia il lungo percorso durato vent’anni in cui ha studiato la nostra lingua fino a padroneggiarla adesso così bene da pubblicare questo, che è una sorta di “libro di bordo” in cui annota le difficoltà incontrate e i successi che l’hanno spinta a continuare nella sua ricerca.

Aveva venticinque anni quando giungendo a Firenze con la sorella si rende subito conto che l’attrazione, il rapimento che prova davanti a palazzi, chiese, quadri non è solo visivo ma anche uditivo: sono i suoni, le parole della gente che sente per strada a colpirla nel profondo, a darle un senso di completezza, di bellezza e appagamento che mai aveva provato prima. Come scrive lei stessa: «Suscita una smania indiscreta, assurda. Una tensione squisita. Un colpo di fulmine». Capisce immediatamente che deve imparare l’italiano. E così farà caparbiamente per vent’anni. Si sposa, mette al mondo i suoi figli, scrive e diventa una scrittrice famosa ma la smania per l’italiano rimane immutata. Dapprima con insegnanti private che non la soddisfano per i risultati lenti e relativi, decide a un certo punto di trasferirsi a Roma: solo il contatto diretto può darle quella marcia in più per arrivare a parlare correntemente la lingua senza errori e provare anche il primo approccio con la scrittura.

Legge voracemente gli autori italiani mescolando tra loro epoche storiche e letterarie in un miscuglio cha dà via via i suoi frutti. Passa da Verga a Elena Ferrante, da Calvino a Leopardi, da Quasimodo a Moravia, da Saba a Natalia Ginzburg, ecc. Mette su un taccuino da cui non si separa mai tutti i dubbi che le sorgono davanti a parole mai sentite per impadronirsene tramite il dizionario e poi cercare i sinonimi. Jhumpa Lahiri arriva così a scrivere i suoi primi due racconti in italiano: “Lo scambio” e “Penombra” che si trovano nel libro. Non si nasconde che questo suo inesauribile amore per una lingua non sua probabilmente nasce dal non avere una lingua veramente sua. Da bambina parlava in bengalese perché così volevano i suoi genitori anche se trasferitisi in America da cinquant’anni; ma a scuola e tra la gente il bengalese non serviva e così ha imparato l’inglese scrivendo successivamente i suoi romanzi in questa lingua, pur non sentendola mai come propria. E’ linguisticamente una sradicata, una senza patria che, forse, cerca asilo in una lingua terza che la appaghi. Sa bene che non arriverà mai a padroneggiare l’italiano come solo una persona di madrelingua può fare per le infinite sfumature che la lingua presenta, ma la sua ostinazione la porta a migliorarsi sempre e noi, suoi estimatori, aspettiamo già il suo primo romanzo in italiano.

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