manifestazioni per una scuola davvero buona
Il ministro Stefania Giannini dice che gli insegnanti scioperano per difendere i loro privilegi: «Rispettiamo lo sciopero ma le ragioni lasciano perplessi». Il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo, dalla testa del corteo di Roma organizzato dai sindacati, afferma che il nostro Paese ha bisogno di una scuola libera e democratica: «Servono presidi, non podestà, il potere in mano a un uomo solo nella scuola è un pericolo!». Il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone non torna indietro sul ruolo del Dirigente scolastico, affermando di aver rafforzato il ruolo del collegio docenti e del consiglio d’Istituto ma che il ruolo del preside-sindaco non è in discussione. Aggiunge inoltre che i sindacati scendono in piazza per uno sciopero incomprensibile. Studenti medi e universitari davanti a Montecitorio gridano lo slogan “Siamo noi la Buona Scuola”. La manifestazione a Roma termina sulle note di Bella ciao.
A Milano Francesco Scrima, segretario generale di Cisl Scuola protesta contro le quattro “I” di Renzi: insensibilità, incapacità, ignoranza, irresponsabilità. A Palermo docenti occupano l’Assessorato dell’Istruzione, gli studenti fanno un falò di test Invalsi. Una giornata di sciopero causa disagio per l’organizzazione di moltissime famiglie italiane, ma molti genitori in tutta Italia si stanno organizzando per occupare le aule il 6 e il 7 maggio, giorni previsti per lo svolgimento delle prove Invalsi: “i figli a casa e i genitori in classe”. Insegnanti e personale in servizio negli Istituti comprensivi vivono quotidianamente una gran confusione relativamente a ruoli e responsabilità. Nel frattempo, non si parla di scuola dell’inclusione di alunni con Bisogni Educativi Speciali per i quali la scuola assume un carattere sempre più sanitario e sempre meno scolastico. La lezione di don Lorenzo Milani, che ancora oggi rimane inascoltata, è che la scuola deve curare i malati, gli alunni privati del rispetto, della cultura necessaria per difendersi dalle insidie della società. La categoria dei docenti sembra destinata a divenire una specie in via di estinzione.
Ci si dovrebbe preoccupare di formare insegnanti preparati, coscienti, motivati, in grado di far acquisire a tutti gli alunni conoscenze e competenze, di crescere e formare i futuri cittadini valorizzando le attitudini di ciascuno. Nella scuola italiana gli insegnanti dovrebbero essere capaci di fornire ai più disagiati gli strumenti necessari per parlare, scrivere, far di conto, trovare una collocazione nel mondo del lavoro. E non è retorica! Parlando di “Buona Scuola” fatta di finanziamenti, sponsor, contributi fiscali per sostenere i progetti scolastici dell’offerta formativa si pensa a una scuola-azienda, si ignorano le scuole frequentate da studenti disagiati nelle periferie più povere. Siamo alle solite: parla di scuola chi la scuola non la vive quotidianamente e pienamente in tutte le sue sfaccettature e in tutta la sua realtà. Non ci sorprende che il ministro Stefania Giannini non colga le ragioni di chi sciopera.
Tantissime le ragioni per scioperare: Edilizia scolastica, Classi pollaio, Supplenze, Precari, Riforma che riforma non è, Responsabilità maggiori a un capo che capo non è, Finanziamento affidato agli estranei alla scuola e chi più ne ha più ne meta…
c’è poco da manifestare:
la buona scuola la fanno i buoni insegnanti ogni giorno
la buona scuola la fanno i buoni studenti ogni giorno
la buona scuola la fanno i buoni collaboratori scolastici ogni giorno
ogni giorno con i fatti, coltivando sogni e speranze
Credo che i problemi della scuola abbiano una stretta correlazione con la tipologia di mercato e la tipologia di società che si è venuta a crear oggi. Se ci sono tutte queste disfunzioni di cui si parla nell’articolo è dovuto anche al fatto che ormai c’è proprio una mancanza di fiducia nei confronti della scuola stessa e di chi la compone, da parte di chi ormai la ritiene “obsoleta” e chi vede l’impegno scolastico un qualcosa da adempiere si, ma con superficialità, perché ormai gli interessi sono altri, sia da parte dei figli che da parte dei genitori, i quali io ritengo i veri responsabili di questo disinteresse da parte dei figli per la scuola. Da qui nascono tutti i problemi che, come dicevo prima, sono strettamente correlati al mercato e la società e il relativo degrado. L’innovazione tecnologica ha sicuramente portato liquidi nelle casse di chi ha creato e prodotto strumenti all’avanguardia ma, allo stesso tempo, ha provocato una vera e propria visione distorta delle realtà nelle persone “vulnerabili”. I “vulnerabili” siamo noi, i consumatori. Ormai ciò che conta è avere l’i-phone di ultima generazione, fare un selfie, entrare su facebook, condividere una foto su instagram e, tutto ciò che conta davvero , cultura e scuola, passa in secondo piano per non dire altro. Vediamo bambini di 6-7 con un telefono iper-tecnologico di cui non conoscono nemmeno la funzionalità ma, allo stesso tempo è uno strumento per tenere a bada il bambino stesso per via delle “noie” (ironico) che potrebbe creare se il telefono non lo avesse: ormai né genitori, né figli hanno intenzione di investire sulla cultura, ritenuta ormai da molti improduttiva , non redditizia e soprattutto obsoleta. Al giorno d’oggi , sempre per via del tipo di mercato che si è sviluppato, “svolta” in maniera alternativa la persona che crea un’applicazione gratuita che ognuno di noi può scaricare sul nostro telefono… Ma, se si parte da questa visione della realtà è normale che nasca sia il disinteresse da parte di chi era disinteressato in ogni caso e la sfiducia da parte di chi aveva ancora qualche speranza nella cultura. Da qui quindi la mancanza di fondi, precarietà delle strutture edilizie,finanziamento affidato agli estranei che ne segue e via discorrendo. Il problema secondo me è di natura psicologica. Scusate la lunghezza del testo.
Nella comunità di 30 anni fa gli insegnanti avevano autorevolezza sociale, poi per colpe varie non è più cosi.
Certo si può ascoltare e migliorare ma noi andiamo avanti per restituire alla scuola la funzione fondamentale di guida della comunità altrimenti non usciremo dalla crisi.
parola di Renzi!
Magdalena dice bene: “parla di scuola chi la scuola non la vive quotidianamente e pienamente in tutte le sue sfaccettature e in tutta la sua realtà”.
A tutti i politici italiani, e a tutti coloro i quali sono gli addetti a mettere in atto le riforme, servirebbe un bel servizio di “Tirocinio”: invece di stare rinchiusi in Parlamento (quelle poche volte che ci vanno) sarebbe opportuno che, per legge, fossero obbligati a frequentare ambienti di vita quotidiana: scuole, case popolari, mercati.
Il termine politica, infatti, deriva dal greco “πόλις” (polis) che significa proprio città.
Quale potrebbe essere una migliore maniera di amministrare se non conoscendo a fondo e DAVVERO la città?
Credo che la civiltà di un Paese si misuri in massima parte attraverso una buona struttura scolastica ed un’efficiente assistenza sanitaria: scuole e cliniche private non possono e non devono sostituirsi ad un “pubblico” in grado di garantire decoro, competenza e personale altamente qualificato. Invece, nell’uno e nell’altro caso, siamo spesso costretti a convivere con strutture carenti e mancanza di mezzi.
Le due G: Gelmini e Giannini. Mettere le mani sulla scuola è uno sport ben collaudato. Ancora non riesco a vedere una “buona Scuola” o meglio una Scuola brava a rendere autonomi i ragazzi nello studio, brava ad appassionarli, brava a farli crescere con senso di responsabilità, brava a progettare il futuro, brava a farli diventare cittadini protagonisti, brava ad insegnare l’auto-gestione della loro vita, ecc. ecc.
lo sappiamo che i genitori hanno perso il ruolo di guida. Quasi tutti. E quindi una scuola pubblica brava deve dare indicazioni corrette ai giovani “senza famiglia”.
La “Buona scuola” è uno slogan e poiché non sono nata ieri, non ne subìsco il fascino.
Ricordiamoci però quando abbiamo distrutto, attraverso una falsa democrazia, l’autorità scolastica. Vi ricordare quando gli studenti universitari prendevano a schiaffi e pugni i professori? Vi ricordate dell’orrore del 18 politico? Vi ricordate la bestialità degli esami di gruppo in cui uno solo studiava e tutti prendevano il suo voto?
Lì, in quel periodo è iniziata la demolizione della cultura e la perdita di autorevolezza della classe docente. Adesso siamo alle macerie…. E spero che inizi la ricostruzione di una scuola sopratutto brava.
Anch’io ricordo con orrore le interruzioni delle lezioni ad ad opera degli autonomi o altri gruppi non ben definiti,
il “sei” per tutti quelli che non avevano aperto libro ma che si uniformavano all’unico che ci aveva provato,
la scuola riempita da chi cercava un posto fisso e uno stipendio statale sicuro, noncuranti dei ragazzi con problemi e usufruendo di permessi e giorni di assenza programmati per fare tranquillamente i fatti propri, magari una seconda attività…
Ricordo ancora docenti che leggevano il quotidiano bevendo il caffè e fumando una sigaretta come se fossero al bar
ricordo corsi di aggiornamento per raggiungere cento ore obbligatorie al fine della progressione di carriera:
chi organizzava e certificava corsi di bridge, chi di balli e danze da balera, chi tutti gli hobby possibili e immaginabili.
La cialtroneria, purtroppo, ha fatto un lungo percorso nella scuola e tornare sui propri passi è dura!
I nostri alunni hanno un futuro, noi un passato: difficile trovare un giusto equilibrio nel presente.