Ogni giorno è il 23 maggio
Ogni anno, da ventitré anni ad oggi, il 23 Maggio alle 17.58 il cuore di ogni palermitano si ferma…sussulta..e poi riparte. Tutti u ‘ntisimu u bottu. Anche chi, come me, non era ancora nato.
Ogni anno a Palermo ci si stringe attorno ad un albero, lo si riempie di pensieri e di parole.
Ogni anno una delle vie più trafficate di Palermo si riempie di silenzio per ricordare un rumore.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, doppiamente coinvolto per via del suo ruolo istituzionale e personale, ha tenuto un lungo discorso col quale ha lodato il coraggioso impegno non solo di Falcone e Borsellino ma delle le vittime di mafia in tutte le orrende declinazioni che questa parola possa avere. Nella piena sicurezza dell’aula bunker del carcere Ucciardone, ingessato nel suo ruolo di capo di stato, ha mantenuto una linea morbida nel menzionare l’impegno nella lotta alla criminalità dell’attuale governo chiudendo la sua partecipazione augurando “Buon cammino a tutti noi!”.
Mi chiedo quali fossero le parole che il filtro istituzionale ha separato dal discorso ufficiale…cosa avrebbe detto da uomo “libero”…da fratello. Avrebbe ancora scelto come primo esempio, per raccontare le implicazioni del comportamento mafioso, il mondo del calcio piuttosto che il ricco e pescoso mare della politica italiana? Più smaliziati e pragmatici i comici Ficarra e Picone che hanno preso parte alla manifestazione conclusasi sotto le fronde dell’albero Falcone ricordando che “i mafiosi almeno ogni tanto si pentono, i politici…..MAI” strappando applausi con amare verità.
Un anniversario sottotono quello di quest’anno, le “navi della legalità” con il loro carico di ragazzi provenienti da tutta l’Italia per omaggiare il coraggio e la determinazione non sono attraccate al porto di Palermo, mancano i fondi…Non bisogna mollare la presa, si deve mantenere alta l’attenzione e la consapevolezza che “la presenza di organizzazioni criminali è favorita dall’area grigia dell’illegalità, dalla convinzione che si possa fare a meno di un rigoroso e costante rispetto delle regole” dove per regole s’intende anche e soprattutto quelle che dovrebbero obbligare a farci parte attiva della società, che dovrebbero spingere a scendere in piazza per onorare la scomparsa di eroi con la toga e l’uniforme, che ci sveglino la domenica mattina per andare a votare…Lo dobbiamo a chi è morto, a chi è stato ucciso, per consentirci di vivere.
“Ogni anno, da ventitré anni ad oggi, il 23 Maggio alle 17.58 il cuore di ogni palermitano si ferma…sussulta..e poi riparte. Tutti u ‘ntisimu u bottu. Anche chi, come me, non era ancora nato. (…) Ogni anno una delle vie più trafficate di Palermo si riempie di silenzio per ricordare un rumore”. Queste sono le frasi che più mi hanno colpito, che mi sono entrate dentro, come uno schiaffo che non ti aspetti, come una folata di vento che ti scombina i capelli in una giornata estiva e ti ricorda che le cose da un momento all’altro possono cambiare. Quel 23 Maggio sono cambiate perché, sfortunatamente, un uomo non c’era più, ma se adesso, dopo tutti questi anni, ogni anno, la gente ricorda, beh, qualcosa vorrà pur dire, vorrà dire che non ha dimenticato, che “le loro idee camminano sulle nostre gambe”, che possiamo ancora essere dei combattenti e se non solo coloro che c’erano ma anche chi è nato dopo sente ancora quel fragore, beh, vuol dire che stiamo imparando dal passato perché come diceva George Santayana “Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.
Tutti u ‘ntisimu u bottu…Un botto forte, fortissimo, per fare paura, per dare dimostrazione di forza. E invece parve che quel botto ci svegliasse dall’eterno sonno gattopardesco, che smuovesse le coscienze dal loro torpore. Ricordiamo quel fragore per continuare a tenere lontano il sonno, per ricordarci, ogni giorno, che è nostro dovere continuare, nei piccoli gesti della nostra quotidianità, la loro lotta, con la testa alta e gli occhi ben desti